Recensione: Aftermath Of The Lowdown

Di Stefano Burini - 18 Settembre 2012 - 0:00
Aftermath Of The Lowdown
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Anno: 2012
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80

Dopo decenni di successi in compagnia degli amici di una vita, Jon Bon Jovi, David Bryan e Tico Torres, milioni di dischi venduti, love story da copertina (è sufficiente citare le bellissime Heather Locklear e Denise Richards per cominciare a sognare ad occhi aperti), verso la fine degli anni 2000 anche per un artista popolare, celebrato e apprezzato come Richie Sambora arrivarono tempi bui. Crisi di mezza età, forse, cui si sommarono i poco piacevoli eventi che l’hanno visto prima divorziare dalla moglie Heather Locklear e poi perdere il padre Adam e che hanno trascinato Richie in una spirale negativa culminata in arresti per guida in stato di ebbrezza, processi e sanzioni. Notizie che di certo hanno colpito negativamente i molti fan di questo grande artista, spesso vissuto all’ombra del più celebre compagno di squadra con cui tuttora costituisce uno dei sodalizi artistici più prolifici e longevi della storia della musica rock.

Eppure, sia che per voi Sambora sia “semplicemente” l’ascia dei Bon Jovi, da “Livin On A Prayer” e “I’ll Be There For You” (spesso splendidamente intonata in vece di Jon in vari concerti live) fino a “Always” e “It’s My Life” o che ne abbiate seguito le gesta anche da solista, apprezzandone appieno le doti di cantante e artista a tutto tondo, la buona notizia è che Richie è finalmente tornato. E che ritorno. La copertina di “Aftermath Of The Lowdown” è semplice ma azzeccata, in grado di restituire al 100% quel sapore di americanità che emana da ogni singola nota suonata in esso; ci sono il rock e l’hard rock dei primi anni ’70, c’è il blues, c’è un pizzico di Springsteen e ci sono addirittura l’indie e qualche strizzata d’occhio al rock mainstream più moderno, senza tuttavia mai perdere la bussola. E c’è soprattutto la voce, splendida, calda ed emozionante come la ricordavamo ai tempi di quel piccolo grande gioiello che risponde al nome di “Stranger In This Town”. La chitarra, a parte alcuni rari casi, non ha più la verve elettrica di vent’anni fa, ma si tratta senz’altro di una scelta stilistica mirata ad esaltare appieno il taglio intimista di quello che deve essere per Richie il disco del riscatto; riscatto che, al di là di tutto, senza una manciata di canzoni ispirate non poteva aver luogo. Ed è qui che Sambora non si fa trovare impreparato, fornendoci un album che se ne strafrega dell’originalità o dell’innovazione ma che fa capire, ancora una volta, che la cosa davvero importante per un musicista è arrivare al cuore dell’ascoltatore. Un album la cui qualità media fa semplicemente impallidire qualsiasi uscita dei Bon Jovi dal 1995 a oggi, con i loro tre singoli ad album in mezzo a un mare di banalità e che ci restituisce un artista tanto grande quanto sottovalutato che si era un po’ perso negli ultimi dieci/quindici anni.

“Burn That Candle Down” parte alla grande con il suo flavour fortemente hendrixiano e un piglio hard rock primi anni ’70 che non t’aspetti, “Every Loads Leads Home To You” prosegue ancor meglio: una bella ballata che profuma di rock, pop e blues, sorretta da un ritornello azzeccato e intonata dalla sempre magica voce di Richie. Con “Taking A Chance On The Wind” continuiamo sulla strada delle semiballate e i punti di forza sono, di nuovo, una melodia solare e vincente e l’ atmosfera, questa volta fortemente southern rock. E’ un piacere, inoltre constatare come fin qui, ma in realtà lungo tutta la durata del disco, abbiamo ritrovato il Sambora chitarrista: non un funambolo della sei corde ma un musicista in grado con poche di note di comunicare grandi emozioni e che aveva invece evidenziato una sconcertante povertà di idee in molte delle canzoni sentite sugli ultimi cinque/sei lavori della band madre. “Nowadays” ha un taglio decisamente più contemporaneo, dalle parti di gruppi come gli Stereophonics, un po’ come “Sugar Daddy”, sicuramente la più moderna, con le vocals filtrate e un piglio indie rock che fa molto Franz Ferdinand, seppur fuso con un guitar work incandescente di matrice hard blues e interpretato con un approccio sempre e comunque rockeggiante. Due tracce particolari ma davvero interessanti in cui viene fuori un Sambora inedito alle prese con influenze che potevamo ritenere al di fuori dal suo spettro espressivo e che invece vengono trattate con la giusta dovizia. Tra di esse si frappone “Weathering The Storm”: scritta a quattro mani con Bernie Taupin, famosissimo paroliere di Elton John, ha dalla propria uno splendido incipit di pianoforte e il fortissimo retrogusto dei Bon Jovi più intimistici di “Silent Night”, il tutto ravvivato da un ottimo assolo e dalla solita grande prova vocale. Con “I Will Always Walk Beside You” Richie gioca la carta della ballata semiacustica, piacevole e dal taglio di nuovo piuttosto moderno, forse un po’ melensa e di certo non tra gli episodi migliori di “Aftermath Of The Lowdown”. “Seven Years Gone” rappresenta invece l’apice, la canzone che i Bon Jovi probabilmente cercano di scrivere da oltre quindici anni senza riuscirci: melodia da mille e una notte, un testo che farà probabilmente versare di nascosto qualche lacrima ai rocker d’annata e un accelerazione dall’irrefrenabile spirito hard intorno al terzo minuto, prima di un finale a tutta birra. Davvero difficile, e ingeneroso, chiedere di più. “Learning How To Fly With A Broken Wing” sta esattamente a metà strada tra l’hard rock anni ’80 e il post grunge più melodico, sulle tracce dei 3 Doors Down, un mix a prima vista magari poco intrigante da cui invece emerge uno dei brani più carichi e tirati di tutto l’album, un altra ottima lezione di musica da parte di Mr. Sambora. Veleggiamo placidamente verso il finale con “You Can Only Get So High” e “World”, con le quali si continua con buoni risultati sulla strada delle semiballate intimiste già incontrate sul cammino, per quanto, forse, le cose migliori siano già state dette in precedenza. Non serve aggiungere altro a quanto già detto: per i fan irriducibili di questo grande artista “Aftermath Of The Lowdown” è un acquisto imprescindibile, un grande e insperato ritorno ad alti livelli che potrebbe riservare grandi sorprese anche a chi è semplicemente in cerca di un bel disco rock scritto con il solo obiettivo di fare della grande musica, senza far troppo caso alle barriere di genere e concentrandosi sulla qualità e sulle emozioni.

Stefano Burini

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Line Up

Richie Sambora: voce, chitarra elettrica ed acustica

 

Musicisti addizionali

Rusty Anderson: chitarra

Curt Schneider: basso

Matt Rollings: pianoforte, organo

Roger Joseph Manning Jr.: tastiere

Aaron Sterling: batteria

Tracklist

01. Burn That Candle Down   04:25

02. Every Road leads Home To You   04:41

03. Taking A Chance On The Wind   04:48

04. Nowadays   04:00

05. Wheatering The Storm   04:50

06. Sugar Daddy   04:37

07. I Will Always Walk Beside You   05:04

08. Seven Years Gone   05:37

09. Learning How To Fly With A Broken Wing   04:36

10. You Can Only Get So High   06:32

11. World   02:22

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