Recensione: Agape
Sono passati già quattro anni da quando, nel 2008, i Lantlôs rilasciarono sui mercati discografici di tutto il mondo il loro primo, omonimo album. A distanza di un biennio dall’acclamato debut, la band tedesca, aiutata questa volta dalla voce di Neige, tornò a farsi sentire con “.Neon”, lavoro piuttosto complesso che raccolse pareri contrastanti dividendo fan e critica.
Il duo franco-tedesco, con tenacia e perseveranza, ha però proseguito lungo la sua strada e nel 2011 torna a calcare le scene con un disco nuovo di zecca, intitolato “Agape”.
In “Agape” riemerge prepotentemente quell’equilibrio sonoro, tipico della musica dei Lantlôs, che in “.Neon” era stato messo un poco da parte: i toni più oscuri e tetri si alternano a passaggi acustici e più delicati arricchendo i brani per renderli ancor più vari e coinvolgenti.
Da un punto di vista strutturale, l’opera risulta piuttosto solida ed elaborata: il multiforme riffing disegnato da Herbst sa catturare l’attenzione fin dalle prime battute, grazie a passaggi più tirati e sanguigni, ai quali si accostano momenti più morbidi e atmosferici.
Il drumming di Felix Wylezik, di conseguenza, si presenta piuttosto variegato: a impetuosi passaggi in blast-beat e doppia cassa, se ne alternano altri più cadenzati e meno esasperati.
Come è logico che sia, anche la voce di Neige si adatta ai continui cambiamenti atmosferici, alternando al più lacerante ed esasperato scream la sua nota voce pulita, che conferisce un tocco sognante alla musica dei nostri.
I brani, pur nella loro complessità, riescono nell’impresa ardua di non suonare mai inutilmente cervellotici, mantenendo sempre un senso logico, sia nelle strutture, sia nelle linee melodiche. L’ottimo lavoro di songwriting, affiancato da una prestazione tecnica di tutto rispetto, tiene a galla canzoni lunghe che, senza l’adeguato sostegno di arrangiamenti ‘sì tanto raffinati, rischierebbero di tediare dopo pochi ascolti.
L’apertura dell’opera viene demandata a “Intrauterin”, traccia ricca di sfumature e molteplici influenze. All’introduzione dal vago sapore ambient fa seguito una lunga sezione black infarcita di dissonanze, volutamente ripetitiva, che poggia su ritmiche cadenzate e pachidermiche. Giunti a metà brano, ecco che il post-rock tanto caro a Herbst e Neige emerge con decisione: nonostante la scelta di smorzare così di netto i toni possa sembrare azzardata, i Nostri riescono a creare un insieme musicale davvero riuscito e ricco di fascino.
La successiva “Bliss” prosegue a grandi linee sul cammino tracciato dalla precedente, risultando altrettanto efficace e interessante. Il pezzo, laddove nei passaggi più accostabili al black convince per la sua cieca violenza, nei momenti più pacati colpisce per la delicatezza e l’eleganza. La lunga coda dal vago retrogusto jazz, sebbene risulti leggermente slegata, è molto gradevole e ben riuscita e dimostra quanto i ragazzi siano musicalmente cresciuti nel corso di questi anni.
Della stessa caratura è la splendida strumentale “You Feel like Memories”, che si muove a cavallo tra post rock e il jazz più raffinato. L’episodio, nonostante si distacchi del tutto dalle sfumature più oscure del disco, rappresenta un ottimo diversivo e regala all’ascoltatore un momento di respiro e totale calma, prima che il black metal torni in primo piano.
“Eribo – I Collect the Stars” e “Bloody Lips and Paper Skin”, pur nella loro innegabile bontà (entrambe godono di un songwriting solido e di arrangiamenti notevoli), non aggiungono molto e si perdono un poco nell’affollato mare del black più sognante.
Prodotto dalla Prophecy Productions, “Agape” gode di un’ottima produzione, in grado per altro di esaltare al massimo il grande lavoro svolto dai tre musicisti. I suoni sono di eccellente qualità e ogni strumento, voce inclusa, viene messo in evidenza, senza sopraffare gli altri.
Anche la grafica risulta curata a dovere: il suggestivo artwork, tutto giocato su toni contrastanti, sposa alla perfezione l’atmosfera ora intimista ora nervosa dell’opera.
“Agape” è dunque un lavoro che, pur non attestandosi sui livelli del primo full-length, rappresenta un considerevole passo avanti rispetto al precedente “.Neon”. Il buon lavoro in fase di songwriting, assieme alla soddisfacente prestazione tecnica, rendono il disco appetibile per tutti gli appassionati di quella frangia più melodica ed emozionale del movimento black.
Emanuele Calderone
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Tracklist:
01- Intrauterin
02- Bliss
03- Bloody Lips and Paper Skin
04- You Feel like Memories
05- Eribo – I Collect the Stars