Recensione: Agonist
Un’altra nuova creatura infernale si affaccia sulle lande britanniche: si tratta degli As The World Dies. Di recentissima formazione e che, con il loro full-length di debutto, “Agonist”, si pongono dal lato più oltranzista del metallo della morte. Cominciando così un’altra storia segnata dalla ferocia musicale, bissando in tal senso act di scuola inglese quali i concittadini Anaal Nathrakh, Lock Up e Memoriam.
Rispetto ai nominati, gli As The World Dies si spingono più in là, semmai possibile. Sì, poiché il lievito fecondante da cui emerge la band è ottenuto da microrganismi che, in primis, contengono nel loro DNA una spiccata tendenza all’evoluzione. Niente death metal e basta, stavolta, ma death metal che mette in primo piano l’aggettivo progressivo.
“Agonist”, difatti, è contrassegnato da un continuo e graduale incremento della complessità ma soprattutto varietà di un sound che trova ben pochi simili, nello sterminato oceano del metal estremo. Fondamentale, a tal scopo, un spiccata tendenza a creare atmosfere palpabili, da soppesare letteralmente con le mani. Attitudine che i Nostri ottengono sia con inserimenti di musica elettronica, sia con aperture ambient, sia con l’aiuto delle tastiere. Ma, soprattutto, con uno stile che predilige passaggi visionari, a tratti addirittura acidi, lisergici (‘Save the Earth’).
Passaggi che s’intersecano con un titanico muro di suono, innalzato sino agli strati più esterni dell’atmosfera terrestre grazie alla coesione assoluta fra i vari componenti del combo di Birmingham. Il suo impatto frontale è totalmente devastante, tale da scuotere, straziare l’aria allo stesso modo di un’esplosione termonucleare (‘Desolate’).
Jay Price, con le sue linee vocali, richiama la componente allucinogena sopra richiamata grazie a un’ugola al calor bianco che scartavetra per bene le membrane timpaniche di chi ha il coraggio di ascoltare. Una specie di harsh vocals irrobustite, potenziate all’ennesima potenza, per dirla meglio.
Il riffing creato da Ash Cotterill e Scott Fairfax, granitico per via di un’applicazione davvero intensa della tecnica del palm-muting, è immane nella sua cucitura di tessuti impermeabili al passaggio delle molecole del corpo umano (‘As the World Dies’). Una specie di bulldozer che va avanti e indietro frantumando tutto quello che trova sul proprio cammino, rasando al suolo qualsiasi cosa tenti di fermarlo. Ma non solo. I due axeman appesantiscono ulteriormente il loro operato mediante inserti solisti che pungono come spilli roventi. Una prestazione fantastica, questa dei chitarristi, che individua forse più compiutamente l’energia pazzesca generata dal gruppo nel suo insieme.
Bill Richmond e Chris McGrath, responsabili della sezione ritmica quali rispettivamente bassista e batterista, creano una spinta irresistibile in avanti che teme ben pochi confronti. Il rombo che scaturisce dalle quattro infuocate corde lavorate da Richmond è, semplicemente, un tanto terrificante quanto spaventoso tuono che serpeggia in sottofondo, dando luogo a una base sonora spessa e profonda. McGrath scioglie i suoi pattern nella furia primordiale, schizzando spesso oltre la follia dei blast-beats ma, anche, proponendo battute complesse e per nulla scontate. Le quali, pur non essendo immediate, possiedono l’antitetico dono della scioltezza, fluendo rapidamente rendendo la loro assimilazione, appunto, quasi istintiva.
Più che buono l’impianto delle canzoni, omogenee nel rispetto dello stile imposto dal quintetto della pazzia ma completamente diverse le une dalle altre. Oltre a ciò, dotate di quel quid in più che induce a ripetere i passaggi per gustarle al meglio, giacché ogni brano è una sorpresa, un qualcosa di persuasivo a passare a quello successivo in virtù del fatto che, perlomeno al primo ascolto, non si riesce a immaginare quel che verrà dopo.
Sorpresa clamorosamente inaspettata, questa degli As The World Dies: “Agonist” è un disco tecnicamente e artisticamente sopra la media, e merita al 100% di sostare nella libreria accanto alle produzioni di death metal… esagerato. In tutto.
Daniele “dani66” D’Adamo