Recensione: Ahnenthron

Di Alessandro Zaccarini - 8 Febbraio 2005 - 0:00
Ahnenthron
Band: Thrudvangar
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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63

Tempo di debut anche per i neonati Thrudvangar, formazione tedesca apparentemente sorta dal nulla e senza alcun passato tangibile. Non c’è quindi molto da dire se non che, abbracciata la più classica simbologia pagana fatta di martelli e fregi, il quartetto (che negli ultimi tempi pare essersi diviso dal bassista/singer Sven) dà alla luce la propria prima creatura: il debut dal nome Ahnenthron, disco per il momento completamente ignorato da addetti ai lavori e non.

Qualche parola sulla produzione, che se seppur sia sufficiente dato il genere e la proposta musicale tremendamente genuina, mette in mostra alcune pecche clamorose. Sconcertante, ad esempio, il balzo a cui ci si trova di fronte tra l’Intro, che sembra fatto con un midi di Guitar-Pro, e il primo pezzo dal titolo Die Drachen und der Runenstein, che propone la produzione grezza dei primi lavori del genere. Brano che tra l’altro, grazie ad un paio di cambi di ritmo e di parentesi più lente, rende subito noto che questi Thrudvangar non sono un gruppo di sprovveduti completi. Di ispirazione decisamente thyrfinghiana (musa ispiratrice di diverse sfumature del lavoro) la successiva buona Jul, dove comincia a farsi notare il flauto (del quale si poteva scegliere un campionamento decisamente migliore) e soprattutto la buona voce sporca ed aggressiva di Sven. Stessa ricetta per la title-track, eccezion fatta per uno stacco centrale in pieno black metal minimalista dei primi anni ’90. Lo stile della band è ben chiaro e fissato già da questi primi pezzi: un manto ritmico di chitarre e batteria su cui poggiano i riff più o meno melodici, ma sempre piuttosto semplici, delle tastiere. Da qui partono alcune (poche) variazioni sul tema. È il caso delle tastiere quasi da “impero romano” che aprono e conducono Piraten des Nordens; la più lenta e cadenzata Heilige Flamme, dove emergono timidi campionamenti di archi, e la semi-ballad Kampf des Lebens con l’apparizione delle prime parti acustiche. Piuttosto interessante anche il modo in cui si sviluppa la conclusiva Einherjer, capace di mostrare inserti folk, linee vocali sporche e pulite e cambi di ritmo, prima di portare al cullante outro Thrudvangar.

Eliminate le pecche a livello di suoni, che comunque si possono attribuire alle scarse disponibilità economiche per la produzione, Ahnenthron resta un disco onesto, anche se sicuramente non pretenzioso, talvolta ripetitivo ma capace di mettere in mostra alcune buone idee e qualche spunto interessante da cui partire per fare crescere la propria proposta musicale ancora in uno stadio embrionale. Oltre quaranta minuti in cui la band propone il proprio viking metal semplice fatto di parentesi black ed altre più thrasheggianti, basato per lo più su ritmi serrati e decisamente ispirato dai Thyrfing dell’era di mezzo, con le tastiere che a volte ricordano gli Hin Onde (sarebbe stato troppo bello avere una band in pieno stile Thyrfing…) e più di rado alcune cose dei Summoning, soprattutto nell’uso delle tastiere più cupe.

Ascolto dunque assolutamente trascurabile se non siete alla caccia di qualche nuova leva e di qualche possibile band del futuro ancora nascosta tra i meandri dell’underground più abissale…

Tracklist:
01. Intro
02. Die Drachen und der Runenstein
03. Jul
04. Ahnenthron
05. Heilige Flamme
06. Piraten des Nordens
07. Kampf des Lebens
08. Thingfrieden
09. Departure in the Night
10. Einherjer
11. Thrudvangar (Instrumental)

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

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63