Recensione: Aion
I Figure of Six hanno capito tutto: romagnoli di origine, sanno quanto la presenza femminile sia importante per attirare l’attenzione
suqualsiasi cosa. Il sesso tira, dunque i nostri per il loro esordio discografico decidono non solo di mettere una bella donna in
copertina, ma anche di infarcire il loro sito ufficiale Myspace con tutta una serie di ragazze immagine le quali, commenti alla mano,
sembrano riscuotere più successo della band stessa, o quanto meno dei suoi membri. Tecniche di marketing a parte i sei musicisti mettono
in mostra con questo AION un death melodico (molto melodico) che parte dagli In Flames per andare ad evolversi verso lidi
abbastanza originali.
Il disco parte con The Man with the Book and the Gun e si viene catapultati in una specie di riedizione di Reroute to Remain, dove
sopratutto i cori armonizzati e gli effetti applicati sulla voce non lasciano dubbi in proposito. Fortunatamente però, dopo un’apertura
probabilmente scelta ad hoc per accattivarsi fin da subito i favori dei fan di una certa sonorità e mostrare che la band non ha nulla da
invidiare anche agli acts più blasonati della scena melodic-death, i Figure of Six cominciano ad imboccare una strada più personale,
dove le tastiere sono l’elemento in più, usate non per produrre linee melodiche a nota singola da mixare piuttosto indietro in modo da
aggiungere atmosfera (alla Dark Tranquillity di Character per intenderci), ma piuttosto come supporto di arrangiamento dove gli accordi
la fanno da padroni e si prendono una bella fetta dello spazio sonoro. Il riffing deve invece molto all’altra parte della barricata
della scuola di Goteborg, andandosi ad attestare su quella riedizione del lavoro di chitarre presente su Slaughter of the
Soul (At The Gates) che oramai è diventato uno standard nei generi core. Sarebbe inutile indicare dei gruppi di
riferimento, oramai tutta la scena italiana ed anche estera è pregna di soluzioni simili. Il disco procede su standard mediamente alti
dimostrando come l’attitudine dei nostri sia sicuramente più proiettata verso la melodia che l’aggressività, anche perchè il cantante
sembra trovarsi molto più a suo agio nelle parti pulite piuttosto che in quelle in screaming, dove fatica a tirar fuori il ruggito che
sarebbe necessario. Poco male comunque, anche perchè non è la prima volta che si sentono interpretazioni simili su questo tipo di album.
La produzione è comunque ottima, anzi, eccellente, una mazzata in testa dall’inizio alla fine dove soprattutto la cassa della batteria
ha un suono sentito finora solo sulle migliori uscite estere. Anche il cantato, cristallino e lontano anni luce da quella sporcizia che
fu propria di Death, Morbid Angel, At The Gates e degli altri acts anni 90, sembra più improntato ad una produzione rock/pop, ma ciò non
è un male, anzi.
I Figure of Six sono dunque una band che affianca ad un’abilità compositiva ed esecutiva non indifferente una grande conoscenza delle
odierne dinamiche del mercato discografico e quindi si prodiga in una cura maniacale di ogni dettaglio: dalla produzione, al packaging,
alla promozione, alla creazione di un’immagine di successo per la band (le già citate grupies sul sito ufficiale). Tutto ciò potrebbe
far innervosire i fautori della musica per la musica, e non per le vendite, ma alla fine non si può biasimare una band solo perchè cerca
di “aiutare” il successo della propria proposta anche con mezzi altri rispetto alla proposta stessa. Si possono invece avanzare delle
obiezioni quando le canzoni, pur rimanendo godibili, suonano un po’ troppo di già sentito ed è il caso ad esempio della già citata
opener The Man with the Book and the Gun, di Akeldama (il cui bellissimo ritornello è legato a doppio filo allo stile di A Sense
of Purpose) e di Pull The Trigger, canzone dalle influenze techno-elettroniche che ai profani potrebbe sembrare un esperimento
pseudo rivoluzionario, ma in realtà altro non è che una riedizione di quanto già fatto dai Daath con Dead on the Dancefloor.
Ottima band dunque questi Figure of Six, ma che ha bisogno di abbandonare, dal punto di vista compositivo, i legacci che li tengono
ibrigliati a soluzioni di sicuro successo in quanto già ampiamente rodate, ma non così di valore dal punto di vista artistico. Le
qualità ci sono comunque, e per la gran parte sono già visibili in questo album, dunque, sicuro di rimanere in tema con lo stile dei sei
romagnoli, mi permetto di concludere con un po’ di pubblicità:
Figure of Six, la nuova sensazione del Death Melodico italiano per i fan di As I Lay Dying, Chimaira ed In Flames!
Ti è piaciuto Reroute to Remain? Hai amato A Sense of Purpose? Compra AION, non te ne pentirai!
Tracklist
1- The Man with the Book and the Gun
2- Warshow
3- Ten Years Alone
4- Akeldama (Bloody Field)
5- Dark Side 5
6- Morning Star
7- The Hanged Man
8- Pull the Trigger
9- Hands of Aion