Recensione: Alcoholocaust
Non si sa molto sulla vita artistica degli Invisigoth; le poche informazioni che si trovano su di loro dicono che sono nati dalle menti di Cage, classe 1975, newyorkese e appassionato di chimica antica, teologia e filosofia e di Viggo Domino, classe 1977, siciliano di nascita ed emigrato a New York da bambino, interessato alla storia e alla filosofia antica e affascinato dalla musica Araba e dalla filosofia esoterica.
I comuni interessi di questi due uomini sono stati la solida base su cui sono nati gli Invisigoth, un gruppo dall’apparenza misteriosa, criptico e difficile da inquadrare in uno specifico genere musicale. L’unico modo di spiegare che cosa esattamente sia il loro debutto, Alcoholocaust, è quello di ascoltarlo.
L’album con cui il gruppo esordisce è un disco camaleontico, dalle mille sfumature e in grado di disorientare chi lo ascolta sin dalla sua prima traccia, Strip Search, che rompe il ghiaccio usando sonorità quasi EBM, dove riff di chitarra ossessivi si intrecciano a linee vocali acute, distorte, urlate, sussurrate e sorrette dagli effetti delle tastiere, che fanno sia da supporto alla struttura cadenzata, sia da tappeto per i momenti di apertura e distensione musicale.
Se il secondo brano, Ancient, stupisce con l’uso di strumenti esotici che donano un tocco lontano e particolare alla musica, il lento successivo, Talitha Cumi, parola che in aramaico significa “ragazzina, alzati in piedi”, parla dell’omonimo episodio di guarigione descritto nella Bibbia e lo fa con toni delicati e soffusi, con il continuo scambio tra le linee vocali e le tastiere, dando spazio ad aperture più melodiche e aggressive davvero piacevoli da ascoltare.
Serpentine prosegue quello che sembra una delle impronte caratteristiche degli Invisigoth, ovvero il ripetuto alternarsi di parti energiche e di impatto a parti melodiche, mentre Poison Drip, usando nella sua introduzione degli effetti che sembrano usciti dal famoso brano dei Queen Scandal, mostra ancora il lato aggressivo del gruppo e lo distribuisce in più sipari musicali.
È ora il turno di The Everlasting, che si apre con un crescendo che dà spazio alla voce sorretta dalle tastiere, che inizia a essere effettivamente un clichè un po’ troppo sentito, ma che comunque ha un risultato gradevole nel suo insieme, specialmente per quanto riguarda l’intermezzo strumentale inserito nella seconda metà della traccia.
Interessante è il passo successivo, My Absinthe Lover, che esordisce con un’introduzione di tastiera dallo stato d’animo quasi allegro, che precipita improvvisamente in una sorta di abisso sonoro dai suoni ovattati, da cui emerge prepotentemente il timbro pieno e caldo della voce, dal risultato molto piacevole, sorretta da partiture musicali dal sapore quasi esotico. Mentre si susseguono numerosi cambi di ritmo, la voce viene sempre più in una sorta di cantilena accompagnata dalle tastiere e ha un effetto quasi ipnotico.
Soft Asylum inizia con la ritmica distorta delle chitarre e dai loro assoli e, complice un coro impegnato nel canto delle linee vocali, la canzone è arricchita da un’ampiezza e da una potenza quasi inaspettata. Un orologio o un metronomo scandiscono il tempo e una voce parlata fa da divisore tra sipari e scenari musicali diversi, dove la singola voce maschile è protagonista.
Ultima ma non per importanza è No Quarter, la famosa cover dei Led Zeppelin di Houses Of The Holy, rielaborata naturalmente alla maniera degli Invisigoth. L’impronta personale del gruppo la si sente prima ancora che la canzone inizi, con l’inserimento di un dialogo tratto curiosamente da un episodio della famosa serie televisiva di X-Files che coincidenza o più probabilmente scelta accurata vuole abbia lo stesso titolo del terzo brano inserito in questo disco, Talitha Cumi:
Jeremiah Smith: “What do you give them?”
Smoking Man: “We give them happiness and they give us authority.”
Jeremiah Smith: “The authority to take away their freedom under guise of democracy.”
Smoking Man: “Men can never be free, because they’re weak, corrupt, worthless and restless. The people believe in authority. They’ve grown tired of waiting for miracle and mystery. Science is their religion. No greater explanation exists for them.
Il brano è reinterpretato al meglio con uno stile che lo fa integrare perfettamente con il resto dell’album. Difficile dire se la scelta sui Led Zeppelin sia dovuta ad affinità dovute al comune interesse nelle tematiche esoteriche, ma resta il fatto che No Quarter si rivela un’ottima chiusura per questo disco quantomai curioso, contribuendo ulteriormente ad aumentare i dubbi sul suo genere, se sia prog, se sia gothic… difficile dirlo.
Silvia “VentoGrigio” Graziola
Tracklist:
1- Strip Search
2- Ancient
3- Talitha Cumi
4- Serpentine
5- Poison Drip
6- The Everlasting
7- My Absinthe Lover
8- Soft Asylum
9- No Quarter