Recensione: Alconauta
I Prophexy sono un gruppo Progressive Rock nato nel 1999 dalle menti di Matteo Bonazza e Alfredo Albanese, due ex-membri dei bolognesi Shadestorm. Reclutati Davide Lotti e Stefano Vaccari, dopo alcuni demo e cambi di formazione e moniker (inizialmente il gruppo si chiamava Prophecy), viene rilasciato il debutto Enforce Evolve nel 2003, giudicato dalla critica come uno dei migliori lavori Progressive Rock italiani del periodo. A distanza di cinque anni, i Prophexy, ora composti da Matteo Bonazza (voce, tastiere), Stefano Vaccari (batteria), Gabriele Martelli (chitarre) e Alessandro Valle (basso, flauto), pubblicano il loro secondo album: Alconauta.
Il disco in questione è un ricettacolo delle influenze dei giganti del Progressive Rock: Area, PFM, Banco, King Crimson su tutti, senza tralasciare i vari Hawkwind e Jethro Tull.
Spetta alle ritmiche incalzanti ed alle chitarre malate di “Illuminat” il compito di aprire le danze: alla tecnica incalzante ed alla voce particolare e subito riconoscibile di Matteo Bonazza (paragonabile, per rimanere nell’ambito del Prog Rock italiano, a quella di Lorenzo Giovagnoli degli ottimi Odessa) si aggiunge una certa rocciosità nelle parti strumentali, che conferiscono allo stile dei Prophexy un certo tocco Hard Rock, che permette di accostarli, con le dovute distanze, anche a complessi quali Deep Purple e Uriah Heep. Cambi di tempo improvvisi e motivi sognanti la fanno da padrone nella visionaria “Babba”, impreziosita da una buonissima prova vocale dell’inconfondibile Bonazza. Seguono la psichedelia di “Scarto”, vicina a ciò che fecero negli anni Settanta Banco del Mutuo Soccorso e Area, e le melodie intense e passionali della struggente “Fischio, come Guarire un”, che parte come una canzone delicata per poi indurirsi sensibilmente nella seconda parte.
“Plasticosmic” è un pezzo più immediato che si discosta leggermente dal resto del disco, in quanto presenta melodie più funkeggianti e spensierate, mentre con l’arcana psichedelia di “Tritone” ci si avvicina ai King Crimson di Starless and Bible Black, peraltro già omaggiati nel tributo The Letters: An Unconventional Italian Guide to King Crimson dagli stessi Prophexy, che per l’occasione presentarono una cover di “The Great Deceiver”. A chiudere l’album ci sono i due suoi pezzi più granitici: la Hawkwindiana “Qubo”, dotata di un ritornello (se così si può definire, data la varietà del brano) e parti strumentali memorabili, e “C’è Vite sulla Luna”, traccia di chiarissima scuola PFM, pregna ancora una volta di psichedelia dalla prima all’ultima nota.
Ci troviamo di fronte ad un ottimo album di un gruppo dal potenziale davvero immenso, che con il prossimo album dovrà dimostrare di essere una delle più belle realtà del genere, e non solo nella scena italiana.
Federico “Federico95” Reale
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Tracklist:
01 Illuminat
02 Babba
03 Scarto
04 Fischio, come Guarire un
05 Plasticosmic
06 Tritone
07 Qubo
08 C’è Vite sulla Luna
Line-up:
Matteo Bonazza – tastiere, voce
Stefano Vaccari – batteria
Gabriele Martelli – chitarra
Alessandro Valle – basso, flauto