Recensione: Alfonso Lucifredi
Molte idee espresse in totale ed assoluta libertà per Alfonso Lucifredi, interessante compositore e polistrumentista, attivo da alcuni anni nell’underground genovese con progetti della più svariata forma e natura.
Le numerose influenze ed il passato trascorso rimbalzando tra forme musicali quanto più variegate e dissimili tra loro, emergono con notevole prepotenza dai microsolchi di questa prima creatura solista, anarchico manifesto di musica rock, in grado si spaziare attraverso una gamma di generi, tonalità ed umori, a tratti disorientante.
“Un cantiere aperto”: definizione alquanto calzante, coniata dallo stesso autore dei brani presentati che, assumendo una forma del tutto indefinita, prossima in alcuni frangenti alla “jam session”, coinvolgono stili e linguaggi espressivi talora in aperto contrasto tra loro, aprendosi ad influssi noise, mitigati nella propria spigolosità da più rassicuranti passaggi hard rock, frammisti a creazioni ai limiti dell’ambient, per sconvolgere infine ogni prospettiva, sfociando nell’EBM e nell’elettronica più intransigente.
Le citazioni sono molteplici e confluiscono in tracce che, sin dall’apertura, fanno dell’ironia e della genialità un biglietto da visita essenziale, in grado di stordire e sorprendere l’ascoltatore.
In questo contesto vanno ad inserirsi pezzi come “This Game” e “The Last One”, brani che, oltre ad una facciata puramente rock n’roll, nascondono un anima irrequieta e nevrotica, in pieno stile noise, seguite dalle partiture funkeggianti di “No Rest For The Weekend” e dall’apparente staticità di “So Torn”, preludio alle dissonanti ed allucinate “Serve Your Soul”, “Atom Heart Muffin” e “Droodles”, frammento elettronico votato al puro sperimentalismo.
Unica song in lingua madre, “La Prima Luce Di Settembre” si rivela essere l’episodio più melodico del lotto, presto soppiantato da suoni “di un’altra dimensione” e dalle atmosfere da film fantascientifico di “Leon”, introduzione alla distorta “Mosaic” ed alla conclusiva “Closer Than Before”, traccia cantilenante e soffusa che chiude il disco in modo dimesso, spegnendosi in lontananza come una canzone diffusa da una vecchia radio a transistor.
Davvero inusuale infine il pezzo “nascosto”: nientemeno che una melodia composta esclusivamente con i suoni emessi quotidianamente dal nostro amato computer.
Nessuno avrebbe mai pensato che i messaggi di errore, le sigle di accensione e spegnimento e tutto ciò che emette un “bip” sul PC, potessero divenire un motivetto tanto simpatico ed orecchiabile se posto nella giusta sequenza.
Difficilissima catalogazione dunque e voto pressoché impossibile da attribuire ad un disco che non si presenta in una veste usuale, ma piuttosto assume la forma, come detto in apertura, di un contenitore di “idee” all’interno del quale far convergere spunti, suggerimenti e pensieri in via di sviluppo, alla ricerca di un’identità definitiva in cui rispecchiarsi completamente.
L’accesso sperimentalismo, la qualità audio non troppo evoluta (la registrazione è, per stessa ammissione dell’autore, frutto di un lavoro “casalingo”) e la varietà di stili offerta, sono tali da rendere il progetto solista di Alfonso Lucifredi un’entità da prendere con le “molle”, qualcosa di assolutamente originale e fuori dagli schemi che potrà piacere, ma parimenti, potrà rivelarsi tedioso ed incomprensibile.
In poche parole, un disco per pochi.
Per contatti: alfonso@lucifredi.it
Tracklist:
01. Take Your Pill (Damaged Speaker Lullaby)
02. This Game
03. The Last One
04. No Rest For The Weekend
05. So Torn
06. Serve Your Soul
07. Atom Heart Muffin
08. Droodles
09. La Prima Luce Di Settembre
10. Leon
11. Mosaic
12. Closer Than Before
Line Up:
Alfonso Lucifredi: Tutti gli strumenti e le parti vocali