Recensione: Alias
Nel vastissimo e variegato panorama musciale che ha sempre contraddistinto la scena canadese, il nome di Freddy Curci non può passare inosservato a tutti gli amanti dell’hard melodico e del cosiddetto “rock adulto”.
Il cantante italo/canadese (tornato nel 2006, a sorpresa, col progetto ZION, cimentandosi tra l’altro un po’ con tutti gli strumenti), è da sempre reputato un eccellente vocalist in possesso di una espressività considerabile -a ragione- come un dono di natura, aspetto questo che ha portato molta stampa specializzata a identificarlo come “nato per cantare”.
Alias è il progetto che nel 1990 prese forma a Montreal dando vita a questo disco omonimo di 11 tracce che, nell’ immaginario collettivo dei fan, è idealmente il come-back degli Sheriff (evidenti i riferimenti più o meno celati nella cover dell’ album, che un occhio attento non può fare a meno di notare), autori di un seminale album nel 1982, contenente l’hit-single “When I’m With You” che incredibilmente raggiunse, su Billboard nel 1989, il numero uno, sette anni dopo l’ uscita dell’ album e quattro dopo lo split della band.
Fu anche questo probabilmente l’input che incoraggiò la nascita del progetto Alias (comunque attivo in fase compositiva già nel 1988…) che annovera in line-up oltre allo stesso Curci, Steve Demarchi, virtuoso chitarrista che molti ricorderanno più per la sua militanza nei Cranberries negli anni Novanta.
L’ album è un puro concentrato di melodia, dove l’ aspetto romantico viaggia in perfetta simbiosi con la celestiale voce di Curci, da cui scaturisce un AOR dalle riminiscenze west-coast fuse con i tipici canovacci dell’ arena-rock canadese e derivazioni proprie della tradizione a stelle e striscie.
Si parte!
“Say What I Wanna Say” apre le danze: ritmata e veloce, con un sapore decisamente hard-oriented e supportata da una struttura molto incisiva e frizzante, così come la successiva “Haunted heart”, ideale per giustificare tanto entusiasmo e attenzione nei confronti di questo disco e del già citato Curci, alle prese con mirabolanti intrecci vocali.
“Waiting for love” è decisamente la traccia più orecchiabile di questo full-length: un mid-tempo dal classico chorus che ti rimane subito in testa, ancorato a vaghi riferimenti pop ma con l’ efficacia e la grinta che hanno consegnato ai posteri questo disco dalle atmosfere fresche e scanzonate, riprese poi, con la medesima intensità, dalla successiva “The power”.
“Heroes” è un ennesimo pezzo da novanta che ogni gruppo hard-oriented vorrebbe scrivere: atmosfere sognanti e acustiche, leggermente cadenzate, sprigionano un feeling dove la perfetta simbiosi tra lead and backing vocals accresce il valore di una song tra le migliori del lotto a cui, soltanto qualche coincidenza avversa, non permise un’affermazione anche dal punto di vista commerciale.
L’ “ossessiva” “What to do” introduce la seconda parte del disco: una serie di big-songs che rispondono al nome di “After All the Love Is Gone” energica e vibrante, la sognante “More Than Words Can Say” e sopratutto “One more change” in piena celebrazione hair metal, forse la più vicina a un class-sound dove si riscontra una punta di epicità e dove Curci non risparmia incursioni vocali “al limite”, perfettamente consone anche alla dimensione della successiva e più orchestrata “True emotion”, con tanto di sassofono in sottofondo.
Chiude il disco “Standing in the Darkness” dai propositi più “hard”, con slanci di virtuosismi chitarristici che concedono il giusto spazio al talento di Steve De Marchi a conferma che questo disco non presenta alcun punto debole.
Andrea “Ryche 74” Loi
Tracklist:
01. Say What I Wanna Say
02. Haunted Heart
03. Waiting For Love
04. The Power
05. Heroes
06. What To Do
07. After All The Love Is Gone
08. More Than Words Can Say
09. One More Chance
10. True Emotion
11. Standing In The Darkness