Recensione: Alien Heart
Purtroppo non sempre tutte le ciambelle riescono col buco.
All’inizio del nuovo anno anche i nostrani Godyva (guidati dalla voce della splendida vocalist Lady Godyva) tornano ad affacciarsi sul mercato discografico, rilasciando a fine febbraio il terzo album in studio, intitolato “Alien Heart“.
La nuova fatica di questo quintetto tricolore, pur essendo caratterizzata da una buona prova tecnica dei musicisti coinvolti, da una buona produzione e infine da una copertina di buon impatto visivo, risulta essere, contrariamente alle aspettative, eccessivamente statica e priva di idee significative, mostrandosi incentrata su di un Gothic Metal spento, innocuo e piuttosto stereotipato.
Nei quasi cinquanta minuti complessivi dell’opera, il gruppo tenta di incastonare una serie di brani caratterizzati da una notevole dose di melodia che, come miele, filtra nelle orecchie dell’ascoltatore, senza però riuscire a produrre nulla di troppo esaltante o davvero incisivo.
Cosicché, purtroppo, “Alien Heart” si rivela alla lunga monotono e piatto come una sogliola.
Per comprendere meglio quanto appena affermato, è sufficiente ascoltare canzoni come “Apocalypse Fire“, “No Return“, “Alien Heart“ o anche “My Erliest Memories“: tutti episodi in cui sono presenti degli sporadici spunti melodici orecchiabili che, tuttavia, non riescono a far prendere davvero quota al disco.
Un vero peccato: le qualità dei singoli si sentono, sono tangibili e ci sono tutte. Ma è il songwriting a difettare in larga parte.
Purtroppo non vale neppure la pena di soffermarsi sulla tanto curiosa, quanto inaspettata ed inutile rielaborazione della celebre “Ti Sento“, storico classico portato al trionfo dai Matia Bazar nel 1985, qui intitolata letteralmente “I Feel You“. L’esperimento per altro, era stato già tentato anni fa dagli eccellenti Labyrinth, con risultati però nettamente superiori.
Il ritmo non cambia di molto anche con “In Your Eyes“, pezzo che rischia per larghi tratti di far sprofondare l’ascoltatore in un gelido letargo, dal quale sarà risvegliato piacevolmente solo dalla discreta “I Stay Here“, traccia alla quale segue la noiosa “Brainstorm“, che non riesce, nonostante un ritornello tutto sommato gradevole, a salvare dal fallimento un disco che si conclude con le deludenti “This Light“ e “Apocalypse Fire II“.
“Alien Heart“ dimostra perfettamente come non sia sufficiente avere soltanto una forte passione per la musica che s’intende suonare, unita a buonissime doti tecniche.
Quelle, infatti, che rendono un cd degno di un ascolto approfondito, sono le idee: idee che veicolano emozioni ed accendono la fantasia. Idee che purtroppo, in questo caso, risultano spesso sbiadite e prive di spessore, ingabbiate in una gelida ed asettica banalità.
Peccato: l’occasione per raggiungere finalmente i risultati attesi sembra decisamente rimandata…
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