Recensione: Alien Nation
Oltre ogni spiegazione logica sta l’immaginazione. L’uomo fantastica sul mondo, sulla propria essenza e su spazi infiniti ed eteri da sempre, ma per quale ragione? Dove troviamo la forza di porci certi interrogativi, ritrovandoci alla fine al solito, insoddisfacente, punto di partenza? L’arte, in qualsiasi sua forma, ha provato più volte a dare spiegazioni ed interpretazioni a tali enigmi: sfido chiunque a negare che la figura simpatica di ET sia diventata, anche involontariamente, mascotte inconfondibile di quelle creaturine che dallo spazio ci guardano con attenzione e, chissà, magari un briciolo della nostra stessa curiosità…
Questo viaggio lo intraprendiamo insieme ai nostrani Ivory, che permeano il loro nuovo lavoro “Alien Nation” di sonorità aliene, perfette per farci immaginare quei mondi al di là di ciò che si palesa alla vista e ai nostri sensi. A partire dall’artwork ci ritroviamo immersi infatti in una realtà totalmente estranea, dove navicelle enormi si muovono sopra palazzi futuristici, in una notte colma di stelle, alle quali non possiamo che chiedere clemenza.
“Fading Memories” apre le danze con calma letale, introducendo l’ascoltatore in orizzonti mai valicati prima d’ora. Superato questo specchio dimensionale, l’ascolto prosegue con un riff distorto, che subito ci lancia alla velocità della luce nella mente criptica di questa misteriosa creatura. “On The Edge Of Insanity” rappresenta il manifesto ideale con il quale presentarsi alla folla, dichiarando le proprie intenzioni e la natura dei propri desideri; melodie potenti e graffianti, ritmi al limite della follia e la timbrica accattivante di Davide dell’Orto, condiscono e mettono in tavola la prima di una lunga serie di apparizioni deformi ma affascinanti, degne dei migliori capolavori di Lovecraft.
Accecati da un raggio di pura luce prog, veniamo attirati con forza verso un luogo misterioso, nel quale ci sentiamo impotenti e prigionieri: “The Mask” ci accoglie come un sovrano di una nuova terra, nascosto dietro un velo sottile che ne nasconde le ricchezze e le vere fattezze; attraverso il rallentamento di tempo della traccia, possiamo percepire come un abbraccio sconosciuto, quasi volto a metterci a nostro agio prima di un catastrofico evento al quale non siamo ancora pronti.
Spaesati e senza una meta, ci incamminiamo all’esplorazione di questo nuovo territorio del quale siamo ospiti ignari: “Walking Straight” ci prende violentemente per mano e traccia la nostra Via Lattea, come un binario sul quale viaggia un treno che non prevede deviazioni. La batteria di Claudio Rostagno batte un sentiero che passo dopo passo si fa sempre più chiaro e visibile, nel quale la mera volontà di restare vigili e coscienti non è più una nostra prerogativa.
Circondati da aberrazioni indicibili e ambienti confusi, la nostra mente inizia a creare le prime illusorie manifestazioni: “Feeding My Soul” vive di sonorità psichedeliche, nelle quali l’ascoltatore può perdersi rischiando di non ritrovarsi, un po’ come dopo una sbronza colossale alla quale, stremati, siamo costretti ad abbandonarci.
Fuori da ogni cognizione di spazio e tempo, ci ridestiamo immersi in una nuova realtà: “Alien Nation” è l’essenza della nostra fragilità, adornata da palazzi altissimi con illuminazioni accecanti, automobili sostituite da navicelle volanti e un cielo con colori che sembrano usciti da un trip allucinogeno; ogni componente della band dà sfoggio del proprio talento, accompagnando l’ascoltatore in questa fantastica nazione utopistica, frutto di sogni ed immaginari sconfinati. Gli Ivory dimostrano carattere e grinta attraverso questa titletrack potente ed evocativa, che si presenta al momento come una delle tracce migliori dell’album. Di notevole fattura anche la strumentale “Odd Rails”, che nei suoi 3:52 da sfoggio di tutta la tecnica dei musicisti, ispiratissimi pittori di una tela pregiata degna nei migliori musei.
Siamo quasi giunti alla fine di questa Odissea Spaziale, dalla quale desideriamo uscire sani e salvi per tornare sul nostro adorato pianeta. “Empty Desires” sembra volercelo impedire, energica manifestazione di diniego imposto ogni giorno a noi stessi di fare un passo in più verso qualcosa di nuovo, che ancora non conosciamo e del quale non siamo del tutto padroni. Ancora una volta la compagine degli Ivory fa da sfondo a una ricca riconciliazione con le nostre menti ed i nostri desideri più reconditi. “Liquid World Crunch” è l’ultimo tassello del domino, posto al termine di un viaggio che ci ha messi di fronte ad orizzonti lontani ed esseri ignoti, che da secoli stimolano le attenzioni di un mondo che corre e troppe volte rischia di rovesciarsi su sé stesso. Ad ogni passo un nuovo tassello, per dar vita a una struttura solida e robusta, a un progressive metal potente ed ispirato, evocativo e profondo: seppur inconsapevoli di cosa possa attenderci dall’altra parte della barriera, in una realtà troppo distante della nostra, nulla potrà far crollare il puzzle di questa band grandiosa, alla quale potremo sempre chiedere un passaggio verso l’ignoto.