Recensione: Alienized
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Secondo album per i norvegesi Mantric Momentum, uno dei tanti gruppi di “contorno” attivi nella infinita galassia del power metal continentale.
“Alienized” prosegue sulle medesime coordinate dell’esordio. Una buona dose di melodia unita a chitarre in primo piano dai toni per lo più ruvidi e compatti. Vocalità di ottimo livello – l’ex Pyramaze, Terje Harøy, dimostra di essere un ottimo cantante – e produzione probabilmente più focalizzata rispetto al precedente album.
Il risultato è un disco piuttosto energico, di facile fruizione e con molte attinenze con alcuni dei numi tutelari del settore. Non è troppo complicato individuare legami con Symphony X, Stratovarius ed Helloween anche se, tutto sommato, ci sono momenti talora più cupi e caliginosi, tentativo di differenziarsi almeno in parte dai troppi cliché già percorsi lungo il disco di debutto. Potremmo tirare in ballo i Tad Morose. E per mettere un ingrediente in più, anche qualche elemento US power alla Metal Church.
Non ci sono enormi guizzi di genialità o inventiva. La preferenza va alla proverbiale sostanza, quella mediante la quale le chitarre, ad esempio, macinano con determinazione i riff dell’operner “Resilience“. Un pezzo molto corazzato che ha in ritmiche granitiche la propria ragione di essere.
Ascoltato un po’ di volte e reso familiare all’orecchio, il disco offre anche qualche buon ritornello melodico. “Come Undone“, “The highest Mountain” e “Siren’s Call” sono a dimostrarlo.
La title rack “Alienized” è, in senso assoluto, la lucida rappresentazione di quello che i Mantric Momentum possono offrire. Un buon melodic metal, sorretto essenzialmente dal dualismo composto dal già citato Terje congiuntamente al fondatore, il polistrumentista Christer Harøy, cugino proprio di Terje.
Il contributo marginale di alcuni musicisti presenti in partecipazioni tutto sommato trascurabili, non è tale da spostare più di tanto gli equilibri con particolari pennellate di colore.
Melodic metal non troppo originale ma comunque abbastanza godibile.
Non ci discostiamo troppo dagli esiti raggiunti in occasione del debutto, sebbene il disco appaia questa volta sensibilmente migliorato nella qualità dei suoni (molto aggressivi) ed in generale nella fruibilità di un prodotto che in definitiva appare di discreta qualità.
Anche se, in termini più ampi, non proprio memorabile.
O destinato ad occupare posti di di primo piamo nella affollatissima scena della musica heavy-melodica continentale.