Recensione: Aligned With The True Death
Scavando nel passato dei Trollheim’s Grott si arriva fino al 1998, anno in cui la band finlandese ha dato alla luce la prima demo, alla quale è poi seguita una seconda pubblicazione, un live album e una terza demo, preludio per il vero e proprio esordio discografico datato 2000. Fu l’anno di Bizarre Troll Technology e fu subito chiaro che il sound di quello che all’epoca era un quintetto non sarebbe finito nel black metal tradizionale che tutti conosciamo. Caratterizzato da quegli stilemi scandinavi che portano avanti le legioni oscure, i Trollheim’s Grott abbracciano sfumature industrial che gli consentono di mettere in campo sonorità diverse da tre quarti delle produzioni nate nelle terre del freddo. Trascorsi giusto un paio d’anni, tocca a Bloodsoaked and Ill-Fated, secondo album che dimostra come il combo finnico abbia saputo maturare un sound ancora più personale, senza per questo distanziarsi troppo dal sentiero intrapreso, insolito quanto ambizioso, ma perfettamente in grado di soddisfare chi cerca violenza e carattere. Sono serviti quindici anni a far tornare in studio la band, adesso con soli tre elementi, ovvero sg.7 (voce e sintetizzatore), TG (basso) e Irh (chitarra e batteria) e inondare di sangue maligno le forme del nuovissimo album intitolato Aligned With The True Death, che non solo segna quindi il ritorno sulle scene, ma presenta un sound diverso rispetto ai due lavori precedenti, condizione ovvia non solo per il cambio di formazione, ma anche per il numero sostanzioso di anni che separa i cosiddetti “early days” da un panorama completamente differente rispetto a 15/20 anni fa, soprattutto per quel che riguarda il black metal.
Spetta alla title-track stessa aprire i cancelli di Aligned With The True Death e subito veniamo letteralmente assaliti dalla furia cieca del trittico, il quale però riesce a unire precisione esecutiva (peraltro messa in risalto dall’ottima produzione) e una sezione ritmica corposa e compatta che sa lanciarsi ad alte velocità proprio come in parti più ritmate. Sono esattamente queste variazioni di tempo e un riffing davvero ispirato a creare un sound particolare e personale che ci immerge nel mondo dei Trollheim’s Grott e di una prima traccia che ha tutto ciò che serve per ribadire le capacità di una band che ha finalmente messo fine alla propria astinenza discografica. Segue Deathless Form che nonostante si introduca con velocità marcatamente black metal, permette ai toni industrial di prendere maggiormente piede rispetto a prima e alternare parti più veloci e violente ad altre che per sferrare fendenti letali si affidano più a ritmiche spesse ed alla notevole prestazione di sg.7 dietro al microfono, a dimostrare che nessuna frase è stata gettata lì per caso. Omega Angel è pura potenza esplosiva in cui anche le linee di basso fanno uno sporco lavoro e corredano le molte idee sviluppate attraverso un songwriting maturo e che non risulta mai scontato, tantomeno prevedibile. Ci si muove attraverso canzoni dalla lunghezza media piuttosto elevata, ma non te ne accorgi, vuoi per le idee messe al servizio dell’ascoltatore, vuoi perché sei alla continua scoperta di un bagliore diverso rispetto all’ascolto precedente e questo non fa altro che farti entrare ancora più in sintonia con il disco. Poi c’è Holy Black Sun, la traccia che più di tutte mi ha lasciato a bocca aperta. Maestosa grazie ad una tessitura compositiva alla quale non manca nulla, nella maniera più assoluta. La caratura di questo pezzo si eleva sopra a quanto di già eccezionale abbiamo assimilato e i suoi tratti di epicità quasi rituale donano un tocco orrorifico tale da renderla la colonna sonora definitiva per i vostri peggiori pensieri di tarda notte. Twilight è un intermezzo quasi completamente strumentale, interrotto dalle urla ancestrali che ci riportano sul sentiero bellicoso di LXFR, altro brano compatto, a dimostrazione di quanto i tre musicisti abbiano dato un apporto di pari importanza all’album, non sbilanciandolo e fortificandolo in maniera esemplare. Il disco si conclude con Earth’s Last Stand, altra sprangata in mezzo agli occhi che conferma quanto l’intero disco sia il perfetto ritratto di una band che ha molto da dire e le capacità per esprimere ogni briciolo della propria maligna creatività.
Aligned With The True Death non è un disco semplicissimo; per apprezzarlo realmente va ascoltato più volte e soltanto in questo modo entrerete letteralmente in simbiosi con le intenzioni di un gruppo che riesce a inserire sonorità industrial e a tratti anche sinfoniche senza snaturare il filone compositivo principale di un album che farà la gioia anche dei black metallers più conservatori. Potente, possente e capace di stordire e trascinarci nel suo lato di universo, per poi risvegliarci e sentire il bisogno di un’altra dose di Trollheim’s Grott. Mai come in questo caso è stato difficile assegnare un voto, uno sterile numero che classifica volgarmente un lavoro così ricco. Ascoltatelo, non ne resterete delusi, bensì ammaliati da quella sua capacità di spiazzare, al primo ascolto come al centesimo. Oh si, perché resterà nella vostra playlist a lungo.
Brani chiave: Deathless Form / Holy Black Sun / Earth’s Last Stand