Recensione: Alive

Di Francesco Maraglino - 17 Febbraio 2024 - 8:00
Alive
Etichetta: Frontiers Music Srl
Genere: AOR 
Anno: 2024
Nazione:
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77

Gli Honeymoon Suite sono una band canadese nata nei gloriosi Eighties, durante i quali hanno realizzato un pugno di album di gran pregio in ambito AOR e hard rock melodico.

Dischi come “The Great Prize” (1985) e “Racing After Midnight” (1988) sono considerati, infatti, opere di culto tra gli appassionati del genere, di quelle che non possono mancare in una collezione che si rispetti (soprattutto il primo).
Sebbene sempre attivi anche durante gli anni successivi, è nel 2008 che gran parte della formazione originale, costituita da Johnnie Dee (voce solista), Derry Grehan (chitarre, tastiere, cori), Dave Betts (batteria), Gary Lalonde (basso) torna in pista, realizzando, tra l’altro, il buon “Clifton Hill” del 2008.

Raggiunti intanto dal tastierista Peter Nunn, gli esperti rockers dell’Ontario hanno realizzato ora un freschissimo studio-album, dal significativo titolo “Alive”.

Il lavoro è nel complesso pregevole assai, con alcuni picchi creativi come il solare uptempo Alive, la ballata (unica traccia con qualche riferimento anche al pop contemporaneo) Love Comes, i class rock veloci, taglienti e “chitarrosi” Give It All e Livin’ Out Loud.
Bella ed emozionante anche la chiusura di platter  Doesn’t Feel That Way, evocativa e con una eccellente performance di voce e chitarra.

Come si diceva più sopra, tutto l’album è però di pregiato livello, senza alcuna caduta di tono. Ci piace citare, comunque, altri brani particolarmente attraenti, come Done Doin’ Me (con il suo cipiglio hard nel suono di chitarre e batterie e, di contro, il flavour  soul dei fiati), Find What You’re Looking For (AOR elegante e melodico ma innervato da sei-corde acuminate), Not Afraid To Fall (tra power ballad e midtempo ad alto tasso di melodia con un po’ di Journey nel background ed un gradevole “solo” di chitarra), e, infine, Tell Me What You Want (incalzante pop-rock contrassegnato anche da tocchi raffinati di synth).

“Alive” è, in buona sostanza, un’opera brillante, che si colloca nel solco sia dei dischi più AOR della band che di quelli appena più energici. Il songwriting non è mai banale e gli arrangiamenti sono sempre tonici ancorché raffinati. Un  disco quasi di un’altra epoca, con ben poche strizzatine d’occhio al pop-rock contemporaneo.

Francesco Maraglino

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