Recensione: All Life Erased
Per tutti i gruppi provenienti dalla Scandinavia, la forma del DNA metallico è pregno di caratteristiche che non passano mai inosservate. In primis perché la qualità tecnica è sempre assestata se non sui massimi livelli, almeno su un minimo sindacale che, per altre realtà mondiali, è addirittura inarrivabile. Poi, per la presenza, come in Giano Bifronte, di una robusta personalità in ambito strettamente artistico. Con che, se i valori in gioco sono alti e combaciano in un’unica entità, il rischio di trovarsi di fronte a una grande formazione e/o a un capolavoro è consistente. Lì più che in qualsiasi altra parte del Globo.
Ovviamente questa regola aurea vale spesso, ma non sempre. Come dimostrano, purtroppo per loro, i finlandesi Gian. Impeccabili esecutori di ‘?’. Ecco… ‘di cosa’? In “All Life Erased”, debut-album che giunge sulle tavole dopo cinque demo dal 2005, anno di nascita, difatti, si possono tranquillamente ascoltare vari generi diversi fra loro: hardcore, thrash, death, heavy. Nulla di strano, se essi fossero amalgamati in un’unica foggia rappresentante il marchio di fabbrica dell’act di Suolahti. Al contrario, le undici song del platter sembrano far parte di una compilation di undici artisti diversi, accumunati da qualche comune elemento disseminato qua e là.
Si tratta di un difetto grave, questo, che impedisce ai Gian di trovare una propria dimensione indipendente nelle centinaia di migliaia che affollano l’Universo metal. Certo, qualche buona canzone c’è, come la ‘cyber’ “Bloodstorm”. O l’‘hardcoriana’ “Self-Immolation Party”. Ma, si tratta, per l’appunto, di singoli episodi astratti, ciascuno esulante da un contesto di omogeneità artistica che non c’è. Pure i tre timbri vocali (scream, growling e clean), adoperati da Jampe Honkonen, Lassi Pollari ed Henri Rahm, paiono essere impostanti su un regime di casualità invece che su una precisa idea di caratterizzazione delle linee vocali che, seppur mutuando l’idea stra-abusata dai Fear Factory di alternare growling e refrain in clean, trovano decenza nella già menzionata “Bloodstorm” che, come puntualizzato più volte, è storia singola a sé.
Così, anche reiterando sin quasi alla nausea gli ascolti, non si riesce a trovare da nessuna parte il bandolo della matassa che, più probabilmente, non c’è. “All Life Erased” è un lavoro insufficiente, che mostra una costruzione professionale degna sia della tradizione finlandese, sia della qualità del rooster dell’Inverse Records. Tuttavia, l’indecisione su quale sia la strada da seguire per farsi spazio nel Mondo del metal rende i Gian assai deboli e privi quindi del benché minimo mordente.
Daniele “dani66” D’Adamo