Recensione: All Light Swallowed
Dopo il buon esordio con “The Stench of the Earth” (2017), tornano i Crypts Of Despair con la loro nuova creatura dannata: “All Light Swallowed”.
E lo fanno con grande determinazione, mostrando un deciso miglioramento rispetto al primo disco, soprattutto per ciò che concerne la capacità di estrinsecare il proprio Io. Una progressione che, nondimeno, riguarda anche sia la parte tecnica sia artistica. Insieme, in grado di produrre quella visionarietà appena menzionata.
Lo stile, seppure venato dagli echi della vecchia scuola, rimanda a un death metal ortodosso, assai legato ai dettami tipici del genere, tuttavia interpretato con la consapevolezza di essere con i piedi ben saldi nel terzo millennio. Death metal e basta, insomma, che ai giorni nostri sta diventato una specie musicale sempre più rara, preso atto delle tante contaminazioni cui il death stesso è sottoposto.
Il terrificante growling del chitarrista/cantante Dovydas Auglys, timone del sound della formazione lituana, sembra davvero provenire da un inferno cui regna la disperazione più totale; cui si accede grazie a linee vocali agghiaccianti nella loro non-umanità. Sound pazzesco, a dire il vero, violentissimo, fatto apposta per la completa disintegrazione dell’Umanità. Cui spetta, evidentemente, una destinazione finale ben lontana dalle paradisiache bellezze cui sono convinti di terminare molti anzi moltissimi popoli della Terra. No, il luogo giusto è questo: tetro, privo di vita, ricoperto da una finissima polvere nera, a mò di paesaggio lunare, che rende tutto piatto e uniforme (‘Bleak View’).
La coesione fra i quattro membri del combo di Kaunas è assolutamente perfetta. Quattro, appunto, ma fautori, con la loro cementazione, di un suono travolgente, brutale, annichilente; perlomeno nelle fasi ove il combo stesso squarcia con la forza di un treno in piena marcia la barriera dei blast-beats, oltre la quale nemmeno la follia resiste alla completa dissoluzione dovuta a un danno assonale diffuso (‘Synergy of Suffering’, ‘The Great End’). Ma è nelle parti più ragionate e rallentate, nei numerosi break che spezzano improvvisamente i BPM dell’allucinazione, che i Nostri riescono a manifestare quella tendenza atmosferica di cui si è più su accennato (‘Disgust’). Ed è qui, probabilmente, che il disco riesce a decollare qualche decimetro più su rispetto alla media della foggia musicale di cui trattasi.
Di questo fatto ne beneficiano anzitutto le canzoni, obbligate a variare il leit motiv sia fra di loro, sia all’interno di esse. Con che, da ‘Being – Erased’ sino alla già menzionata ‘Bleak View’, si può apprezzare il cambiamento di umore di ciascun episodio. Essendo bel centrato e costruito, lo stile fissa l’anima di ogni brano, rendendolo apprezzabile in sé ma anche osservato quale addendo nella somma con gli altri. Come ‘Excruciating Weight’, dalle vivide visioni lisergiche attivate grazie agli arpeggi di una chitarra distorta, mentre l’altra si occupa di deflagrare un riffing totalmente devastante. Solo un esempio, ma assai indicativo della forza letale del platter.
Appare anche chiaro che i Crypts Of Despair non inventino nulla di speciale, nondimeno con il materiale a loro disposizione riescono a imbastire un LP dotato di personalità, sì da far riappacificare i fan più intransigenti con la bellezza natìa del death metal. “All Light Swallowed” non cambierà la storia del metallo oltranzista ma ne traccia un momento significativo.
Daniele “dani66” D’Adamo