Recensione: All Men Shall Fall
I Kill Ritual nascono nel 2010 negli Stati Uniti dall’unione di membri provenienti da band del calibro di Imagika, Dark Angel ed Eldritch (si, proprio i nostri).
Il primo album, ‘The Serpentine Ritual’ vede la luce due anni dopo, seguito, nel 2014, da ‘The Eyes of Medusa’ . Poi, nel 2015, nascono i primi contrasti e la band viene quasi del tutto rivoluzionata, in particolare il cantante David Reed Watson (Rage Of Angels, Electric Messiah, D.N.A.) prende il posto di Josh ‘Crimson’ Gibson, portando un netto miglioramento sul piano vocale e, di conseguenza, sul piano emozionale, con la sua particolare timbrica ed estensione, che tanto ricorda i grandi cantanti Hard Rock degli anni ’70: dura, potente e carica di melodia anche se non particolarmente aggressiva. Con la nuova formazione esce ‘Karma Machine’, il terzo album.
Gibson ed il chitarrista Steve Rice, unico superstite dei Kill Ritual originali, diventano il fulcro del combo, attorno al quale ruotano altri musicisti e, con una formazione nuova, pubblicano, a febbraio del 2018, il nuovo album: ‘All Man Shall Fall’, attraverso la label Dissonance Production.
I Kill Ritual vengono definiti una band Thrash Metal, in quanto le loro sonorità principali derivano dal Thrash anni ’90, anche se nella realtà sono più portati alla ricerca della melodia che non all’emanazione della ferocia, tipo gruppi quali i Machine Head ed i Pantera. Inoltre, il gruppo si basa principalmente sulla voce e sulla chitarra elettrica, dando al basso ed alla batteria una funzione praticamente di mero accompagnamento (suonato benissimo, s’intende).
Con queste caratteristiche il gruppo riesce a mescolare al Thrash molto di quello che è l’Heavy Metal, con punte dell’intramontabile Hard Rock; inoltre non se la cava male con le sezioni acustiche e le sperimentazioni progressive.
Il risultato è un album da ascoltare con buona attenzione: eclettico, dinamico, vario ed emozionale, attuale pur se guarda il passato e con alcuni momenti abbastanza originali che lo rendono degno d’interesse.
Le canzoni sono undici, per un totale di cinquantuno minuti.
L’inizio è affidato a ‘Tales of Woe’, brano strumentale introduttivo cupo e profondo, con toni prog e psichedelici.
Il primo vero brano è ‘This Addiction’, dotato di un buon tiro è un Thrash stile anni ’90-2000 cantato con una voce che sembra provenire dagli anni ’70. Un connubio che ci sta e che verrà ripetuto per molti brani a seguire. La traccia è dura anche se non molto aggressiva e l’assolo, sostenuto da una solida ritmica, lascia buone emozioni.
Segue la title track, ‘All Men Shall Fall’ un Thrash dinamico che unisce melodia a potenza; le strofe puntano al lento mentre il refrain ha toni epici. Buono è l’assolo che incrocia il metal con sonorità al limite del power.
‘Megalomaniac’ segue le stessa linea, con una buona cavalcata con assolo alla Judas Priest.
La quinta traccia è ‘Save Yourself’, che inizia lenta e fosca con un assolo di sabbattiana memoria per poi accelerare e rallentare di nuovo, giocando tra ritmi Thrash e Dark.
Il brano successivo , ‘A Reimagining’, mischia il metal a sezioni acustiche ed inserti progressive, creando dinamiche particolari.
‘Dead Man on the Water’ è una ballata con una leggera accelerazione ed un indurimento elettrico.
La seguente ‘Heart Collector’ è un brano debole, poco duro, che lascia il tempo che trova. E’ un pezzo che, a parere di chi scrive, non è riuscito. Come si dice, non tutte le ciambelle riescono con il buco.
Il lavoro si riprende subito con ‘Sins’, veloce, con la ritmica supportata da un riempitivo synth ed un assolo lungo che incrocia il Metal classico con quello moderno.
‘Lies’ è dinamica, con una parte veloce ed una che è una struggente ballata.
Chiude l’albun ‘Kage’, un brano melodico che incrocia la parte elettrica con l’acustica. Chiude un album Thrash una bella canzone che, però, con questo genere non ha nulla da condividere. Idea particolare, non male direi.
Concludendo, ‘All Man Shan Fall’ è un album particolare, volto alla ricerca dell’originalità, non molto adatto per chi nel Thrash cerca l’estremismo, perché di questo ne è carente, ma comunque è carico di durezza e melodia per accontentare un sacco di palati. Bravi.