Recensione: All our Miseries
I Tragodia nascono a Brescia nel 1996 con una formazione composta da cinque elementi: Francesco Lupi (chitarra), Lorenzo Marchello (basso), Daniele Valseriati (batteria), Giovanni Maffeis (voce) e Carlo Salvoni (tastiera). Con questa formazione partecipano al festival bresciano Metal Explosion nel 1997 e registrano un demo tape intitolato “Dramas in splendent realms”.
Oggi il gruppo si ripresenta con quest’altro demo intitolato “All our miseries” in cui partecipa anche un nuovo elemento ossia Marco Plati (chitarra).
Il demo si presenta molto bene già per quanto riguarda l’artwork dal momento che non ha nulla da invidiare a gruppi ben più famosi e blasonati.
Il gruppo bresciano si cimenta in un gothic metal abbastanza complesso con parecchi arrangiamenti sinfonici e la voce di Maffeis che spesso accosta un cantato pulito ad una voce growl.
La prima traccia del cd è una lunga intro intitolata “Manifest of decadence” che ci rende perfettamente l’idea di cosa ci dovremo aspettare dal resto del demo tape. In questo brano le tastiere la fanno da padrone con suoni alquanto cupi e ritmi di batteria che spesso ricordano più il progressive metal che il gothic.
Il primo brano vero e proprio “Painland (the rise & fall of passion – W.T.F.F.O.P. act. II)” ci riporta verso un gothic sinfonico con alcuni spruzzi di black sinfonico ed un tappeto di tastiere che riempie in maniera oserei dire quasi perfetta il vuoto lasciato talvolta dagli altri strumenti. In alcuni momenti il brano ricorda parecchio lo stile dei Therion di “Theli” soprattutto per quanto riguarda i cori polifonici, tra l’altro eseguiti decisamente bene. Unica pecca di questa canzone il volume della voce di Maffeis che, quando canta pulito, è talmente basso da essere sovrastato da tutti gli altri strumenti.
Tocca poi a “The desert call”, canzone decisamente più piacevole e complessa della precedente con notevoli cambi di tempo e di intensità e dei chiarissimi riferimenti ai Moonspell di “Wolfheart”. All’interno del brano tra i vari cambi di tempo abbiamo alcuni secondi molto piacevoli in cui le tastiere suonano alquanto imperiose con reminiscenze di epoca rinascimentale mentre la voce growl dà un’idea di possanza ed estrema pesantezza.
La seguente “To perceive the form” inizia con una parte strumentale abbastanza monotona e noiosa per poi partire in seguito con un ritmo decisamente più vitale e oppressivo che in alcuni frangenti si avvicina più che mai al black metal di stampo classico. Nel suo complesso il brano angoscia l’ascoltatore in quasi tutta la durata; tutto questo è dovuto soprattutto alla felice scelta degli effetti sulla voce a cominciare dal suo passaggio continuo da un canale all’altro per poi continuare con effetti squisitamente death che calzano a pennello con l’ambiente musicale creato dagli strumenti. A mio parere è la canzone meglio riuscita di tutto il demo.
Il cd si conclude con “The Promethean legacy” che continua sulla falsa riga della canzone precedente senza però avere lo stesso tiro e senza riuscire a suscitare le stesse sensazioni nell’ascoltatore; le parti strumentali, anche se ben orchestrate e suonate in maniera quasi perfetta, alla lunga sono molto simili tra loro e l’orecchio le ascolta senza troppe emozioni rimanendo solo nell’attesa che rientri la voce di Giovanni che però in questo brano non è di certo grintosa come nel resto del cd e pecca ogni tanto anche di intonazione diventando in alcuni momenti lamentosa.
In conclusione, il demo dei Tragodia è un buon cd di gothic sinfonico quasi mai noioso e banale, con un sound decisamente pieno in tutti i 30 minuti, pienezza sicuramente raggiunta con l’inserimento del secondo chitarrista e con una maturità artistica e un’ideologia musicale ben determinata.
Unico punto debole di tutto il lavoro è il volume della voce pulita che spesso è troppo basso e, a furia di tendere l’orecchio, un ascoltatore poco paziente potrebbe stancarsi di ascoltare il cd già dalla seconda traccia.
TRACKLIST:
1. Manifest of decadence (intro)
2. Painland (The rise & fall of passion – W.T.F.F.O.P. Act II)
3. The desert call
4. To perceive the form
5. The Promethean legacy