Recensione: All Rise
È realmente facile recare grande rispetto per una label come Frontiers music, capace di scovare talenti e belle promesse un po’ dappertutto oltre ad offrire piacevoli novità con ritmo costante agli ascoltatori appassionati di “cose” melodiche.
Giusto per rimanere in tema, ecco approssimarsi questa nuova ed interessante realtà proveniente – tanto per cambiare – dal nord Europa, territorio talmente prolifico in termini di buone band da risultare pressoché banale e scontato: al solito quasi come a dire che, se provengono da Svezia e Norvegia, qualcosa di buono lo faranno sentire di sicuro.
Ed in effetti, così è anche nel caso dei Perfect Plan, gruppo originario della cittadina svedese di Örnsköldsvik, attivo dal 2014 ed arrivato ora al debutto discografico per Frontiers.
Non molta esperienza nel settore specifico, per la verità (i musicisti, ad ogni modo, sono tutt’altro che di “primo pelo”), nulla però che possa mostrare il fianco ad ingenue cadute di tono o scivolate dozzinali: le fonti d’ispirazione sono ben evidenti, spaziano da Europe e Treat, per sconfinare in Whitesnake, Rainbow e raccogliere influenze di Foreigner e Journey, in una panoramica di sicuro fascino che, come da copione, non può dar vita a nulla di particolarmente bizzarro o rivoluzionario. Parimenti, appare capace nel far scoccare la scintilla di un disco composto di buone canzoni in cui l’energia di un hard ibrido – a metà strada tra scandi-rock e suoni di vecchia tradizione anglosassone – innervano un songwriting sempre godibile e di facile ascolto.
Le canzoni così composte risultano molto ben interpretate da un nucleo di musicisti quadrati e solidi – l’ottimo singer Kent Hilli in testa – e, pur non dipingendo affreschi conditi da colori alieni ed estranei alla consuetudine, regalano qualche buon momento a cavallo tra AOR e melodic rock, mettendo a fuoco, di tanto in tanto, pure un certo buon gusto ed attitudine per la raffinatezza di soluzioni eleganti e levigate.
Frizzanti e vivaci, i Perfect Plan non inventano – come ci capita spesso di affermare – nulla di nuovo, pur tuttavia ci risulta impossibile non giudicare con favore brani come le iniziali “Bad City Woman” e “In and Out of Love”, pezzi costruiti probabilmente prendendo spunto da muse ispiratrici di grande spessore cui il quintetto si accosta con reverenza ma senza alcun tipo di ansia particolare.
Lungo l’intero cd maturano, in effetti, alcune melodie semplici ed efficaci, verosimilmente familiari a chiunque abbia un minimo di dimestichezza con il genere. E con ogni probabilità proprio per questo gradite ed apprezzabili: l’evidente omaggio alle tradizioni, alla radice ed all’epoca in cui questo stile peculiare è nato e cresciuto, rendono piuttosto simpatica la proposta, tanto da meritare benevola approvazione pur nella propria smaccata dipendenza da stilemi già iper sfruttati da altri.
Diciamola tutta: nel settore specifico scelto dai Perfect Plan, è praticamente impossibile combinare ancora qualcosa di originale o insolito.
Quel che conta tuttavia, non è scombinare gli ingredienti di un menù apparecchiato da una vita: ciò che importa è saper “cucinare” bene, con i giusti sapori e l’adeguato dosaggio, in modo da poter servire qualcosa di abbastanza stuzzicante e dotato comunque di buon gusto. Anche se non proprio audace negli accostamenti, inedito nella forma o in qualche modo stravagante.
Una specialità in cui i Perfect Plan riescono, dopo tutto, piuttosto bene…