Recensione: All The Girls In The World Beware!!!

Di Giulio Caputi - 26 Gennaio 2006 - 0:00
All The Girls In The World Beware!!!
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Genere:
Anno: 1974
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79

Grand Funk Railroad da sempre è sinonimo di potenza, di energia vibrante, di carica adrenalinica, senti il fluido vitale che scorre come un fiume in piena nelle vene. A dispetto di una copertina quanto mai pacchiana, il contenuto di “All The Girls In The World Beware!!!” ha sicuramente caratteristiche dinamitarde. Nonostante ciò, quando uscì nel 1974, spiazzò diversi fan, in parte per la presenza di una sezione fiati su un paio di pezzi (che invece a distanza di tempo non può che essere applaudita) ed in parte per la virata decisamente soul del songwriting. Purtroppo uno dei motivi che non spinsero verso il successo ATGITWB è da ricercarsi nella totale assenza di pezzi del suddetto nel contemporaneo pluriplatinato live “Caught In The Act”, se si eccettua la cover di “Some Kind Of Wonderful”, e ciò ne evitò decisamente la promozione; addirittura fu questa una delle tante cause che portarono in seguito alla rottura con la “Capitol”, la quale si decise a scaricare i Grand Funk previa pubblicazione di altri due album. Col tempo questo disco è stato rivalutato considerevolmente dalla critica, e anche i fan lo hanno abbracciato perché non si può rimanere statici di fronte a cotanta energia. Tutte le canzoni, a cominciare dall’iniziale “Responsibility” sono impregnate di un certo spirito da party song, ma questo non tragga in inganno, è vero che la presenza del piano di Craig Frost è predominante specialmente in questo episodio, ma la splendida voce di Farner è maggiormente rivalutata proprio perché il piano ne mette in risalto le doti canore. Il ritornello poi è di quelli che si ricordano subito dopo un paio di ascolti.
La successiva “Runnin’”, cantata magistralmente dal batterista Don Brewer, è la prima trascinante song del disco, gli inserimenti della sezione fiati già citata la fanno quasi somigliare ad una di quelle colonne sonore degli anni ’70 di telefilm come “Chips”, “Starsky & Hutch”, “Hazzard”, etc…. Beh, in fondo i Grand Funk sono americani, il periodo è quello, tirando le somme non mi meraviglio moltissimo; il ritmo incalzante, il refrain decisamente soul ed una chitarrina ficcante ne fanno sicuramente uno dei pezzi più particolari e discussi della discografia del combo americano ma che al sottoscritto piace da impazzire.
Non ci sono parole di ammirazione per descrivere la bellissima terza traccia “Life”, una delle mie preferite in assoluto, e mi soffermo in particolare sul lavoro della chitarra di Farner che qui oltre che a dimostrare le sue solite eccezionali doti vocali si esibisce in uno spettacolare inciso di chitarra che caratterizza il pezzo rendendolo sublime, oltre, si intende, al solito assalto sonoro. Con la quarta “Look At The Granny Run Run” sembra di ascoltare Wilson Pickett, tanta è l’influenza della soul music nera nelle vene dei Grand Funk, il piano ed i fiati anche qui accentuano in maniera ancora più marcata questo aspetto, ed il pezzo è comunque godibilissimo. Si torna su toni decisamente più pacati con “memories” che però finisce per essere un mezzo tormentone che non aggiunge ma anzi declassa di poco il buon lavoro fin qui svolto. Per fortuna si torna su ritmi sostenuti con la violenta titletrack che questa volta è priva della sezione fiati, con un organo sugli scudi accompagnato da percussioni tribali, è sicuramente una traccia che mette in evidenza l’evoluzione tecnica dello stile fluido e viscerale degli statunitensi. “Wild” è l’ennesimo pezzo sostenuto, “Good & Evil” scorre liscia e quasi anonima, mentre arriviamo alla perla melodica del disco, “Bad Time”, dal refrain strepitoso, ed un Farner dolcissimo che con la sua voce la rende davvero unica; infine chiude degnamente il platter forse la canzone più famosa, ma non la migliore, di ATGITWB, “Some kind of wonderful”, scritta da Carol King e ben interpretata da Don Brewer.

In conclusione mi permetto di aggiungere un paio di righe a quello già detto asserendo che ATGITWB è sicuramente un buon disco, sottovalutato all’epoca della sua uscita, che come e più dei suoi predecessori, non manca di energia, tutt’altro, il problema è però legato alla produzione troppo pulita per il loro tradizionale trademark sonoro ed in più, pecca enorme, il terremotante basso di Mel Schacher è troppo ribassato, a discapito dell’enorme lavoro svolto, ma ancora di più la sua distorsione vintage che nei pezzi più famosi dei Grand Funk costituiva un’arma vincente. Le canzoni sono comunque ottime, così piene di colore, si lasciano ascoltare che è una meraviglia e con quell’accenno soul in più che conferisce ancora maggior spensieratezza rispetto ai dischi precedenti.

E’ quindi impossibile non ondeggiare il proprio corpo al “barbaro” ritmo incessante che tranne in un paio di episodi prende l’ascoltatore dall’inizio alla fine.

Grand Funk Railroad:
Mark Farner (vocals, acoustic & electric guitars, percussion)
Don Brewer (vocals, drums, percussion);
Craig Frost (organ, keyboards, percussion, background vocals);
Mel Schacher (bass);

Tracklist:

1. Responsibility
2. Runnin’
3. Life
4. Look At Granny Run Run
5. Memories
6. All The Girls In The World Beware
7. Wild
8. Good & Evil
9. Bad Time
10. Some Kind Of Wonderful

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