Recensione: Altar of Devotion [EP]
Talvolta la vita ci riserva delle coincidenze sorprendenti. Non più tardi di una ventina di giorni fa mi sono imbattuto nel primo singolo di Kre’u, band sarda che pubblicherà nel mese di maggio 2023 il primo album. Dal momento in cui ho avuto la certezza che toccherà a me recensire questo disco, mi è sembrata cosa buona e giusta immergermi nella storia e nella cultura della Sardegna. Ebbene, il destino ha voluto che proprio in questo periodo mi capitasse tra le mani il primo, squisito EP dei Left in Agony, gruppo Death Metal di recente formazione proveniente da Dolianova, in provincia di Cagliari. Il gruppo nasce nel mese di aprile 2022 e l’EP oggetto di queste recensione, “Altar of Devotion”, ha visto la luce il 17 febbraio 2023: praticamente, in meno di un anno di collaborazione, i giovani Left in Agony sono stati in grado di concepire un disco accattivante, brutale e assai godibile. Innanzitutto, cosa tutt’altro che banale, la produzione si attesta su alti livelli, tanto da rendere quasi incomprensibile come sia possibile raggiungere risultati così brillanti in un regime di home recording…incomprensibile per un orso di mezza età come il sottoscritto, ovviamente. Sono finiti i tempi in cui per ottenere certi risultati era indispensabile varcare le porte di un grande studio professionale di registrazione! La qualità della produzione sonora, limpida e allo stesso tempo mai troppo ‘artefatta’, si adatta perfettamente allo stile musicale scelto dai Left in Agony. Le numerose influenze Brutal Death e Grindcore, oltre a garantire un’apprezzabile varietà nell’esperienza di ascolto, contribuiscono a ‘svecchiare’ il Death Metal della band, le cui fondamenta rimangono comunque ancorate alle classiche sonorità anni ‘90 di Suffocation, Cannibal Corpse, Malevolent Creation e compagnia bella.
L’ottima produzione sonora, il rispetto per i capisaldi del Death Metal americano e la feconda vena compositiva non sono però gli unici elementi degni di nota. Risulta infatti arduo identificare una canzone più rappresentativa rispetto alle altre. Questa ‘difficoltà’, paradossalmente, è un indicatore di buona qualità spesso presente in lavori gradevoli come “Altar of Devotion”: ogni brano ha le sue particolarità e i suoi punti di forza, tutti da scoprire ascolto dopo ascolto. Per amor di cronaca, a ben guardare, un brano differente rispetto agli altri c’è. Mi sto riferendo alla traccia introduttiva, “Ancient Curse”. E’ l’unica traccia in cui possiamo sentire un testo cantato, o per meglio dire narrato, in italiano: una voce femminile, accompagnata da una sinistra melodia, scaglia una terribile maledizione contro i suoi aguzzini. Piccolo approfondimento per i Lettori digiuni di cinema Horror classico italiano: la voce femminile appartiene a Maria Pia Di Meo, attrice e doppiatrice nota per aver doppiato nientemeno che Mary Poppins nei dialoghi dell’omonimo film Disney. In una storica pellicola di Mario Bava del 1960, ‘La maschera del demonio’, l’attrice presta la sua voce alla principessa Asa, della stirpe dei principi Vajda, interpretata dalla star del cinema Horror Barbara Steele. Il monologo di “Ancient Curse” è ascoltabile nella sequenza iniziale del film, prima della cruenta uccisione di Asa da parte di un consesso di ‘alti primati di Moldavia’. Gli individui incaricati di eliminare la principessa sembrano essere i protagonisti della copertina di “Altar of Devotion”: li possiamo osservare nell’illustrazione, incappucciati e probabilmente impegnati a compiere un sacrificio sotto la fioca luce di un’eclissi solare. Il tema del sacrificio è infatti il trait d’union che lega le storie narrate nei brani, cantati in inglese dal cantante/chitarrista Fabrizio Picciau. Le sue efficaci linee vocali e il variegato lavoro alla chitarra vengono sorretti egregiamente dal basso di André Murgia e dalla devastante batteria di Filippo Serra, in un riuscitissimo amalgama che renderà felici gli amanti del Death Metal di ogni età. Corriamo quindi a goderci i 6 brani di “Altar of Devotion”, attendendo con vivo interesse il ritorno di questo promettente terzetto: difficilmente si può pretendere di più da un’opera prima. Bravi Left in Agony e buon ascolto a tutti!
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