Recensione: Altar of Disgust
Il secondo album dei Crawl esce nuovamente per la monumentale etichetta indiana Transcending Obscurity Records, che negli ultimi dieci anni si è guadagnata con prepotenza riconoscimenti come talent scout, tipici di chi ha un certo feeling con la musica estrema nel sangue. Sebbene fosse comprensibile che all’esordio la label credesse fermamente nella proposta degli olandesi Crawl, ora alcuni degli elementi che tanto avevano colpito della band agli inizi cominciano a mettere in discussione quella credibilità.
L’EP di esordio, uscito nel 2015, e soprattutto il full-length di debutto, erano pieni di marciume, ferocia e attitudine, come richiesto in quegli anni per resistere all’onda d’urto di un mercato che, in termini di death metal underground, sopratutto in Svezia, stava sparando missili come non si vedevano dagli anni Novanta (Dismember su tutti). Prodotto lo scorso anno un ‘veloce’ split, ordinario ma nulla più, eccoli affrontare il mercato con il loro secondo album in studio, “Altar of Disgust“, dopo sei anni.
Il disco è sicuramente il più debole della loro produzione discografica. Il sound si è standardizzato nel classico (swedish) death metal spruzzato di grindcore che abbiamo sentito e risentito nel corso degli anni, ma di impatto ne è rimasto ben poco. I suoni sono sottili, il songwriting è poco organico e privo di ispirazione. La componente oscura, gelida e penetrante con cui dovevi avere a che fare ascoltandoli, è ora sostituita da un ibrido compositivo più vicino alla componente ‘core moderna’ e anche i pezzi che richiamano i Napalm Death sono inconsistenti per rabbia e impatto. Non basta aver cercato anche un lavoro produttivo di tutto rispetto nei The Overlook/Blackmon Studios (Scar Symmetry, Beardfish, Birdflesh) per garantire i brividi adrenalinici che la musica estrema deve generare. Ho trovato “Altar of Disgust” un disco un debole e poco ispirato. Dati gli esordi della carriera, penso che si tratti solo di un passo falso e li attendo fiducioso con il ‘famoso’ terzo album, dove tutto si realizza o si chiudono i battenti. Mi auguro che si verifichi la prima opzione.