Recensione: Altered Beast
Secondo album per i portoghesi Perpetrator, Thrash band di Lisbona che si era già fatta conoscere nel 2014 con il Full-Length ‘Thermonuclear Epiphany‘ ed ora prosegue il suo lavoro con ‘Altered Beast‘, pubblicato il 14 febbraio 2018 attraverso la label Caverna Abismal Records.
Il loro genere è il Thrash di ceppo tedesco, quello dei Destruction per meglio dire, quello che punta sulla ferocia e sulla brutalità più che sulla melodia, anche se questa spunta ogni tanto qua e là, essenzialmente negli assoli.
La qualità del disco è mediocre: non è da buttare, ma neanche imperdibile, soprattutto perché non propone nulla di nuovo ed il ‘già sentito’ domina tutti i solchi.
Undici pezzi dove la padronanza degli strumenti è più che valida, ma, nonostante questo, il combo deve ancora crescere, sfruttare meglio quello che sa fare ed assumere una propria identità.
La voce è di quelle al vetriolo, che spara rabbia ad ‘alzo zero’; questo però è un limite del cantante Rick, perché il suo stile, anche se è quello maggiormente impiegato per questo tipo di musica, non tira fuori tutte le sue buone qualità, sia come estensione che come tonalità. Queste si sentono solo in alcuni brevi momenti, come in alcune strofe dell’ultima traccia ‘Black Sacristy’. Speriamo che nel prossimo disco i Perpetrator diano più importanza alla voce di Rick; sicuramente ne guadagnerà tutto il lavoro.
La sezione ritmica è martellante, con una buona interazione basso e batteria e la maggior parte degli assoli sono pregevoli, spezzando una furia onnipresente con un minimo di melodia.
Tra i vari pezzi, un po’ tanto uniformi tra loro, citiamo l’iniziale ‘Altar of the Skull’, divisa in due parti: la prima velocissima, la seconda basata sul tempo medio, è un brano valido. Al contrario, ‘Extreme Barbarity’, la seconda traccia, è solo furia cieca quasi inconcepibile ed inutile.
‘The Doors of Perception’ è molto articolata, spaziando tra velocità più controllate ed ipervelocità, per poi rallentare sfruttando la potenza del tempo medio. Non male, ma la traccia che la segue, ‘Fires of Sacrifice’, è un arpeggio senza arte né parte che poteva essere evitato.
Tra gli altri pezzi, si differenziano ‘A Fleeting Passage Through Hell’ molto pestata e non velocissima con un assolo che tende al progressive ben sostenuto dalla sezione ritmica e ‘Hellthrasher’ con la voce che in alcuni momenti sembra richiamare il gran vecchio Lemmy ed un rallentamento improvviso che conduce all’assolo su un arpeggio, unico momento di ‘tranquillità’ dell’album.
Per il resto: tanta ferocia, tanta furia e velocità oltre il limite ma niente di più.
Peccato: le qualità ci sono ed i Perpetrator devono solo imboccare la strada giusta.
Per ora il giudizio non può essere sufficiente.