Recensione: Am Universum
Mentre nel giro di una sola settimana qualcuno litiga già per stabilire quale sia la migliore tra le ultime release di Dark Tranquillity ed In Flames, mi accingo alla recensione di un disco uscito da poco più di un anno, anche questo a suo tempo molto discusso, per dimostrare come spesso sia sufficiente attendere ed ascoltare per facilitare la concordanza di opinioni.
La mia fedele copia masterizzata di Am Universum è stata felicemente rimpiazzata da un profumato digipack originale che vale i soldi spesi, anche se il prezzo dei dischi non è ancora sceso sia chiaro. All’inizio pensavo si trattasse della semplice brutta copia di Tuonela, ora mi rendo conto di trovarmi di fronte ad un gruppo che fino adesso non ha mai perso un colpo. Se non sbaglio la stessa cosa è accaduta con l’ultima release degli intramontabili Anathema, solo che quella volta non ci sono cascato ed ho riconosciuto immediatamente il valore di un disco che qualcuno avrà di certo acquistato solo dopo il consiglio dell’amichetto vestito di nero.
Dalla fredda Finlandia di Helsinki, ho l’onore di presentarvi il proseguimento non solo di Tuonela, ma di un’intera discografia (che modestamente possiedo) percorrendo la storia di un gruppo che, come tutti i gruppi di una certa esperienza non può che ammettere al suo interno un profondo sviluppo artistico più o meno accettato certo, ma questo, scusate il gioco di parole, importa solo in parte. Ci sono delle ulteriori modifiche nella formazione, e più precisamente il momentaneo tastierista di Tuonela si è definitivamente unito alla band, mentre il precedente bassista è stato sostituito.
Pasi Koskinen – vocals
Tomi Koivusaari – rhythm and acoustic guitars
Esa Holopainen – lead guitars
Santeri Kallio – keyboards
Niclas Etelavuori – bass
Pekka Kasari – drums
Gli Amorphis attraversano la strada del nuovo millennio e raggiungono il cuore di chi ha ormai imparato ad ascoltarli. Passano pochissimi secondi e le chitarre di Alone insieme ai suoni psichedelici scelti, ricordano già le follie di Roger Waters e David Gilmour nello storico gruppo ormai trapassato. Il song writing si rivela buono ed originale ma non solo in questa overture, durante tutto il disco, con un uso sicuramente accentuato delle tastiere. La prima traccia si rivela molto buona quindi, anche se penso che il meglio debba ancora arrivare. In Goddess (Of The Sad Man) la musica quasi si ferma mentre Pasi continua la sua corsa con una linea che lascia facilmente rabbrividire; il basso di Santeri procede solido e robusto, senza tuttavia pestare i piedi alle chitarre di Tomi ed Esa che, bisogna dirlo, con Am Universum hanno dimostrato per l’ennesima volta di essere veramente dei geni.
Tutta la malinconia, la tristezza e la paura che si può trovare nei testi di Pasi Koskinen, si riversa nelle prime note riverberate di Shatters Within: la sua voce si aggrappa alle distorsioni delle chitarre ed è tanto presuntuosa da risparmiarsi il growl di cui conosciamo la potenza, svelando un pulito dal timbro graffiante e quasi rauco. Un saltellante giro di basso ed una chitarra acustica descrivono invece le strofe di Forever More: dopo un’introduzione a base di distorsioni a sei corde e organo, verrà lasciato posto a quel suono di tastiera che molto ricorda l’orfano di cui si parla in Elegy. Ad aggrevare in modo estremamente efficace la cadenza di questa danza è il sassofono di Sakari Kukko (presente in 1,5,6,8,10). In particolare, vorrei soffermarmi su Veil Of Sin, la traccia numero 8. Qui incontriamo, non per la prima volta, il pianoforte di Santeri accompagnato dalla voce e dalle chitarre avide di distorsioni: un ritornello di lacrime unito all’effetto devastante di un sassofono non può che avere un esito apprezzabilissimo proprio come accade in questo caso. Questo è senza dubbio il brano più completo insieme alla successiva Captured State, un’altra piccola grande perla ghiacciata di questo gruppo del Nord.
Un disco che, seppur non sia un monumento del metal, vale la pena di acquistare perchè da una parte divertente, dall’altra riflessivo, non difficile da digerire e quindi non impegnativo, ma piacevole all’ascolto. Racchiude in sè l’esperienza di anni di musica, la gelida atmosfera di una paese lontano che si potrebbe visitare senza pagare il biglietto.
Andrea’Onirica’Perdichizzi
TrackList:
1. Alone
2. Goddess (Of The Sad Man)
3. The Night Is Over
4. Shatters Within
5. Crimson Wave
6. Drifting Memories
7. Forever More
8. Veil Of Sin
9. Captured State
10.Grieve Stricken Heart