Recensione: Ambrosia
Nella storia del prog rock molte sono le band ingiustamente dimenticate, seppur autrici di gemme di indiscusso valore. Potremmo parlare degli inglesi Caravan, che composero nel 1972 Waterloo Lily, ritenuto ancora oggi uno dei lavori più belli provenienti dalla cosiddetta scena di Canterbury. Potremmo parlare dei Magma, pionieri del movimento prog francese Zeuhl ma, secondo il parere di chi scrive, il gruppo che più di tutti avrebbe meritato di essere ricordato ancora oggi come grande prog band è quello degli americani Ambrosia.
Prima di iniziare ad analizzare questo disco è d’uopo una precisazione: non è del tutto corretto considerare gli Ambrosia un gruppo “totalmente prog”, visto che si affermò negli anni Ottanta come band AOR. Nonostante questo, con l’album omonimo di debutto e il successivo Somewhere I’ve Never Travelled, il quartetto californiano ha saputo scrivere una delle pagine più belle del progressive rock.
Occorre anche ricordare che in quegli anni, il prog in suolo americano non era molto conosciuto dal pubblico come in Europa, anzi, il significato stesso di prog era (ed è tuttora) inteso diversamente nei due continenti: mentre in Europa il prog era caratterizzato da virtuosismi agganciati a strutture ritmiche ricercate e meno immediate; in America era più legato all’hard rock classico, dove band di stampo più “progressivo” come Kansas, Journey o Styx hanno poi dato vita al genere AOR. Sono proprio queste caratteristiche che negli anni seguenti hanno determinato una maggiore fortuna per il progressive di stampo europeo.
Tornando agli Ambrosia, la band si formò nel 1970 per volere del chitarrista/cantante David Pack (il quale, in seguito, avrebbe avuto una carriera solista di successo) e del bassista Joe Puerta, tutt’ora membro della band.
Questo album ingiustamente dimenticato è composto da otto canzoni; la prima porta il titolo di Nice, Nice, Very Nice ed è un brano orientato verso un progressive/pop che offre all’ascoltatore un ritornello semplice ma, allo stesso tempo, efficace e di forte impatto, intervallato da strofe quasi sussurrate e sezioni strumentali mozzafiato in grado di mettere in evidenza l’abilità tecnica di ogni musicista.
I rintocchi di un orologio introducono Time Waits For No One, una ballata dal sapore medievale. Qui, la presenza di strumenti inusuali nel rock come trombone, mandolino o flauto dolce rendono questo brano molto particolare e mettono ancora di più in risalto la sua carica emotiva.
La traccia successiva è forse l’unica vera hit del gruppo: infatti Holdin’ On To Yesterday è arrivata al 17° posto in classifica negli Stati Uniti. La canzone è caratterizzata da un pop elettronico molto jazzy e fortemente influenzato dai contemporanei Steely Dan. L’assolo di chitarra conclusivo, sebbene non sia una mera esibizione di virtuosismo, riesce a donare un’ulteriore carica espressiva al brano, magico e suonato con grande passione.
Segue World Leave Me Alone, che presenta una netta virata verso lidi hard rock: ascoltandola non è difficile trovare analogie con i Deep Purple dei primi anni Settanta di Strange Kind Of Woman o Black Night, specialmente nell’assolo di chitarra. La canzone è anche impreziosita da un tocco country e il suo unico difetto lo si può trovare nel riff, talvolta un po’ troppo lungo ed ossessivo, sebbene il risultato finale sia molto gradevole.
Make Us All Aware rappresenta un nuovo cambio di sound. La canzone è una ballata per certi versi paragonabile a Holdin’ On To Yesterday, ma presenta uno stile difficilmente definibile, che abbraccia varie influenze, come quelle della musica latino-americana, celtica, hard rock e pop elettronico. Una cavalcata incredibile attraverso tantissimi generi, ma che alla fine si rivela essere leggermente prolissa. Questo è un peccato, perché, se sviluppata meglio, questa canzone avrebbe potuto essere di gran lunga la più interessante dell’album.
Lover Arrive è invece una ballata vagamente psichedelica e rappresenta l’unico episodio trascurabile dell’album: pur facendosi ascoltare con piacere, risulta piatta per tutta la sua durata, anche se tutto sommato gradevole.
Ritorna prepotente l’ombra dei Deep Purple in Mama Frog, canzone dal ritmo serrato. Un hard rock in cui viene esaltato il valore di David Pack sia come cantante, il quale porta a termine una delle sue migliori prove in questa occasione, sia come chitarrista, con un guitar solo abbastanza veloce. Ottimo il solo di tastiera che investe l’ascoltatore con un’atmosfera di ansia e tensione, rafforzata dalla parte centrale del brano, in cui una voce registrata contornata da archi e tastiere porta questa sensazione al culmine in uno dei punti più emozionanti dell’album, che termina con una furiosa jam session, ricordando molto Starless dei King Crimson.
Chiude degnamente il tutto Drink Of Water, l’ennesimo gioiello pop prog della band. L’atmosfera che si respira richiama alla mente i Kansas di quel periodo. Questa canzone è capace di emozionare come poche, specialmente negli intermezzi strumentali che si incontrano tra le parti cantate: David Pack sfodera ancora una volta una prestazione incredibile, soprattutto per come usa la sua voce.
Si può affermare tranquillamente che questo Ambrosia sia un piccolo gioiello nella sterminata produzione progressive degli anni ’60 – ’70, passato purtroppo inosservato probabilmente per il periodo in cui è stato pubblicato. Sono fermamente convinto del fatto che, se questo album fosse stato pubblicato nel 1971-1972, sarebbe ricordato ancora oggi dagli amanti del prog come un lavoro al pari delle produzioni dei vari Yes o King Crimson, restando comunque appena un gradino più in basso dei loro capolavori (rispettivamente Fragile e In The Court Of The Crimson King).
Federico “Federico95” Reale
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Tracklist:
01 Nice, Nice, Very Nice
02 Time Waits For No One
03 Holdin’ On To Yesterday
04 World Leave Me Alone
05 Make Us All Aware
06 Lover Arrive
07 Mama Frog
08 Drink Of Water
Line-up:
David Pack – Guitars, Lead Vocals, Keyboards on “Lover Arrive”
Joe Puerta – Bass, Lead Vocals
Cristopher North – Keyboards, Background Vocals
Burleigh Drummond – Drums, Background Vocals