Recensione: Among the Living
L’anno è il 1986, data fondamentale per il thrash e per la musica metal in generale, non soltanto perchè tutte le grandi bands del genere sfornano autentici capolavori come ‘Reign in blood’ e ‘Master of puppets’, ma anche perchè da qui in poi il testimone della musica heavy mondiale passa decisamente oltreoceano, almeno per quanto riguarda il successo commerciale e la stessa evoluzione del genere. E all’appello non mancano certo gli Anthrax, reduci dal successo mondiale dello splendido ‘Spreading the disease’, costretti a soddisfare le ormai grandissime aspettative dei fans sparsi attorno al mondo. L’impresa non è semplice, visto il livello qualitativo del predecessore, eppure la band riesce nell’intento di creare un album assolutamente straordinario e riuscitissimo sotto tutti gli aspetti come questo ‘Among the living’, al livello di ‘Spreading…’ per la bellezza delle canzoni, ma con in più alcuni nuovi aspetti che dimostrano la maturazione della band negli anni: innanzitutto, i brani hanno strutture più elaborate e complesse, e questo aspetto, pur togliendo un pò di immediatezza al sound della band, consente a songs come ‘A.D.I./Horror of it all’, ‘A skeleton in the closet’ o la title-track di godere di una notevole ‘longevità’ all ascolto; uno dei punti di forza di questo disco è infatti il suo crescere notevolmente con gli ascolti. Non mancano comunque episodi più diretti ed immediati, ed anzi, la velocità dei brani si alza notevolmente, a dimostrare che le forti influenze HC, evidenziate anche dal folle progetto parallelo di Scott Ian e Charlie Benante, ovvero i mitici Stormtroopers Of Death, sono ancora ben presenti, così come gli inni al pogo sfrenato di brani come ‘Caught in a mosh’ e ‘Efilnikufesin’, destinati a diventare autentici classici della band anche in sede live. Il suono delle chitarre di Dan Spitz e Scott Ian si indurisce ancora rispetto al precedente disco, anche se non mancano qua e là pregevoli spunti solistici, mentre la sezione ritmica di Frank Bello e Charlie Benante si produce in continui cambi di tempo, a dimostrare la maturazione del gruppo anche in fase di arrangiamento dei brani. Al muro di suono innalzato dalla band si contrappone ancora la melodia della voce di Joe Belladonna, cantante straordinario e, non mi stancherò mai di dirlo, notevolmente sottovalutato, che con una prestazione straordinaria dà al gruppo quel tocco di originalità che gli permette di emergere in mezzo a tanti altre formazioni. Alla maturazione musicale corrisponde una maggiore cura delle lyrics e dei contenuti delle canzoni: alcuni brani si basano sulle opere di Stephen King, ‘I am the law’ prende spunto dalla saga fumettistica di Judge Dredd, mentre ‘Indians’ colpisce per la sensibilità con cui viene trattato il problema dell’emarginazione dei nativi americani. C’è ben poco da aggiungere: ‘Among the living’ è un capolavoro assoluto, insieme a ‘Spreading…’ è IL disco degli Anthrax, nonchè uno dei più grandi dischi thrash di sempre. Da qui in poi la strada per la band newyorkese comincerà a diventare tortuosa, ma su questo disco tutti i fans sono d’accordo nel definirlo un autentico masterpiece. Un disco da avere a tutti i costi per chi ama il thrash, consigliatissimo a tutti gli altri.
Tracklist:
- Among the living
- Caught in a mosh
- I am the law
- Efilnikufesin (N.F.L.)
- A skeleton in the closet
- Indians
- One world
- A.D.I./Horror of it all
- Imitation of life