Recensione: Among The Snakes
Un cupo viaggio attraverso paesaggi ricoperti da una spessa coltre di fuliggine.
Cieli plumbei. Deserti riarsi.
Claustrofobia, alienazione…
Un universo opprimente e caliginoso quello messo in musica dai doomster torinesi Firelord, band sorta nel corso del 2007 sulle ceneri dei Saint Judas che arriva felicemente (più o meno…) al traguardo del primo cd sulla lunga distanza.
Fieri discepoli dello stoner più oltranzista, spinto alle estreme dilatazioni tipiche del doom di matrice rigidamente americana, Mario Bussini (voce e chitarra), Mario Pappano (Basso) e Giulio Buscaglione (Batteria) dimostrano di aver trascorso un bel po’ di tempo a meditare con grande impegno e profondità sulla discografia di Revelation, Pentagram, Trouble e The Obsessed, per poi metabolizzare le atmosfere ribollenti ed allucinate di Kyuss e Fu Manchu.
Il risultato conseguente – sorto dall’unione di due filosofie tanto contigue, eppure diverse tra loro – è stata la nascita di un sound dalla fortissima radice doom in pieno stile settantiano, incendiata tuttavia da sgommate chitarristiche selvagge, con frequenti divagazioni volte ad un dinamismo marcato e deciso. Un mostruoso ibrido derivato dalla commistione di due generi caratterizzati dal comune denominatore di suoni pesantissimi e ribassati, oltre ad un approccio che, annichilendo, manifesta la volontà di trascinare l’ascoltatore lungo un trip infinito dalle devianze quasi lisergiche.
“Among The Snakes” è, infatti, un album dal sapore aspro e pungente che tuttavia ha il potere di stordire i sensi ed ottenebrare i pensieri come un liquore di forte gradazione: un’esperienza “ruvida” e piuttosto difficile, che per elezione non può che essere adatta ai grandi sostenitori di un modo di far musica per lo più ermetico ed impenetrabile, senza alcun dubbio, lontano da qualsiasi velleità modaiola o consona alla fruizione di “massa”.
Fedeli alla linea oltranzista, i Firelord impostano il proprio modus operandi in modo da tale da apparire emanazione diretta di certa scena americana sin dalla produzione dei suoni che, nel suo voler esser forzatamente low-fi, assume ulteriormente caratteri ipnotici, demandando al ronzio di un sound un po’ distante ed ovattato il compito di ottundere ancor di più i sensi.
Brani dalla lunghezza a volte estenuante, si dipanano lungo ritmiche circolari su cui svettano la chitarra e la voce urlata di Bussini, per assumere, spesso in modo quasi repentino, la forma di una acida jam session.
Spicca su tutte il massacro prodotto dalla interminabile “The Ghost Of Eymerich”: undici minuti di allucinazioni dilatate che fanno del doom una forma d’arte al limite della prova “fisica”, scandendo mediante lunghi passaggi plumbei e svisate chitarristiche, l’ideale ambientazione per una vicenda incentrata sulla romanzesca figura dello spietato inquisitore Eymerich.
Più stoner nell’incedere è invece l’altrettanto cinematografica “Werewolf”, altro esempio di pezzo eretto sulla solidità di chitarre martellanti che, all’ombra di cadenze sulfuree, fungono da base per le consuete vocals urlanti e filtrate.
Ancor più lineare e rappresentativa dell’autentica anima “desertica” del gruppo piemontese è poi “The Road To Hell”, brano che nella produzione poco definita trova forse il limite massimo alla propria potenza espressiva: come il radiatore cromato di un gigantesco dragster, pezzi di questa natura – pur se pastosi e “massicci” – bramano suoni assolutamente definiti e scintillanti.
Da segnalare infine, la cover della celeberrima “Children Of The Grave”, giusto ed inevitabile omaggio ai Black Sabbath, ovvero a chi ha da sempre potuto fregiarsi del titolo di “iniziatore” del genere.
Un disco per cultori e fierissimi appassionati.
“Among The Snakes”, titolo metaforico ad indicare la condizione umana costretta a confrontarsi quotidianamente con un mondo irto di difficoltà e pericoli, è l’esatto emblema di ciò che può essere considerato “anticommerciale” e di nicchia.
Il classico album, insomma, che si ascolta e si acquista solo perché realmente interessati alla proposta ed a quanto il gruppo ha da dire, non certo perché attratti da un trend o da una moda passeggera.
L’integralismo voluto dei Firelord è, in questo senso, motivo di massimo rispetto: stoner-doom ad oltranza, pesantissimo e senza compromessi di alcun tipo…
Per contatti: https://www.facebook.com/FIRELORD999
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