Recensione: Amygdala
Nati nel 2011 dalle ceneri dei Deformachine per mano dei due chitarristi Emilio “Pidio” Cornaglia e Roberto Giuliano, gli Unredeemed sfruttano al massimo le proprie competenze tecnico/artistiche per dare subito alle stampe “Amygdala”, debut-album che segue “Promo 2011”, unica altra prova discografica del quintetto italiano.
“Amygdala” segue un trend molto in voga, ultimamente, fra le band italiane. Cioè, suonare una mistura di thrash e death che non si sbilancia al 100% verso uno dei due generi, finendo per somigliare al famigerato ‘nu-metal’ degli anni ’90. Evidenziando a onor di cronaca che il contenuto metallico di un platter come quello in esame è altissimo, giacché non ci sono contaminazioni estranee all’intransigenza del genere.
Il sound sparato dagli Unredeemed è infatti micidiale nella sua esplosiva potenza e dinamicità, pesante come un macino e, all’occorrenza, pulsante con il numero di BPM retaggio dei blast-beats. Un sound che però di originale ha poco o niente. Allo scorrere delle song, non a caso, scorrono in mente innumerevoli band che potrebbero aver scritto quel singolo segmento. Un difetto grave, che inficia di partenza un progetto che, al contrario, dovrebbe avere come obiettivo primigenio la definizione di uno stile personale e ricco di carattere, ancorché acerbo e a rifinire tecnicamente.
Gli Unredeemed pare adottino una filosofia contraria badando innanzitutto a mettere a punto un suono privo di difetti, professionale. Forse troppo, professionale. Con che, dando alle varie composizioni un sapore scolastico che mal si accorda con l’evidente bravura di “Pidio” e i suoi compagni con gli strumenti da battaglia di loro competenza. E, anzi, a proposito di attitudine da guerriero, è proprio con le song più aggressive che “Amygdala” mostra la corda, non riuscendo a proporre nulla di più di quanto non sia già stato proposto in passato da centinaia e centinaia di ensemble della foggia musicale similare.
Nel campo melodico, inaspettatamente, i Nostri dimostrano al contrario di avere qualcosa in più, come si può rilevare dal buon intreccio armonico di “Lack Of Luck” o, ancora meglio, di “Burning City”. Sino all’ottima “Unredeemed I Am” che, per intensità emotiva e forza trainante, dovrebbe essere il cliché per forgiare i brani dell’intero lavoro. Del resto, la coppia Cornaglia/Giuliano è di valore assoluto, per cui è prevedibile che, in “Amygdala”, ci sia qualche spunto di classe da segnare sul taccuino (soli di “Drinking With The Devil”, di “New World (DIS)Order” e di “Unredeemed I Am”).
Di più da evidenziare non c’è. Rimane un po’ di amaro in bocca per quella che, dati i mezzi a disposizione dell’act tricolore, sembra un’occasione persa.
Daniele “dani66” D’Adamo