Recensione: An Awakening Restart Your Mind

Di Daniele D'Adamo - 26 Marzo 2010 - 0:00
An Awakening Restart Your Mind
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Anno: 2010
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64

Da Portland, nell’Oregon, i Those Who Lie Beneath – grazie alla Metal Blade Records – varcano l’oceano e piombano in Europa con il loro debut-album An Awakening Restart Your Mind.

Il death si evolve giorno dopo giorno verso organismi nei quali la tecnica è la base irrinunciabile per concepire qualsiasi progetto in merito. In questo periodo, lo stato dell’arte è rappresentato dal “technical death metal”, che compatta la notevole padronanza degli strumenti alla furia sconquassante tipica della specialità elaborata da Chuck Schuldiner & Co. a fine anni ’80, inizio anni ’90.
Da allora, molta acqua è passata sotto i ponti e quindi la forma dell’“old death metal” si è trasformata in un’entità complessa, che involve diverse contaminazioni. Una di queste – specificamente metodologica – è l’abbondante perizia nell’approccio ai vari strumenti.
Spesso quest’abbondanza sovrasta l’aspetto artistico, dando luogo a lavori ineccepibilmente suonati e prodotti, tuttavia irrimediabilmente vuoti, senz’anima.
L’iniziale stupore per le miriadi di note e accordi perfettamente eseguiti affoga allora nella noia più profonda.

Vediamo se è il caso dei Those Who Lie Beneath.  

“Awaken” parte alla massima velocità possibile: una bomba! L’aggressione è totale: mulinelli di blast beats, riffing tirato all’estremo, sottolineato dal dinamico lavoro del basso di Adam Roethlisberger, che ben riempie le frequenze di base dello spettro sonoro, ripetendo uno stile che appare ormai consolidato (Ocean, Your Demise) nel piombare repentinamente nel campo dei subsuoni. Laceranti i guitar-solo, scuola Hanneman & King.
Con “8 To 5” il gruppo converge verso rarefazioni tecniche che alleggeriscono la claustrofobica pressione cui si era precipitati con il brano precedente.
Tinte fosche nel classico riff di “Through His Eyes”, in cui è proposto un intermezzo trasognante di breve durata che contrasta con il successivo, furibondo assalto di matrice black, prontamente deviata verso arzigogoli e accidenti musicali vari che, forse, fanno un po’ perdere la bussola alla canzone.
Almeno per il sottoscritto è ignoto il motivo per cui le linee vocali di Jamie Hanks siano affrontate sostanzialmente nello stesso identico modo. Forse a un orecchio più attento non scapperanno le sfumature fra i brani, ma la prima (e non solo) impressione che si ricava è quella della stessa, identica interpretazione per tutte le canzoni: monocorde growling gutturale spezzato qua e là da sprazzi di timido sream.
La movimentatissima “Out Of Sight, Out Of Mind” è un monolitico pezzo su cui Hanks rigurgita la propria rabbia e nulla più. Nella parte centrale sono presenti cambi di tempo e di tono si cui s’innestano gli ottimi guitar-solo di Tayolor Danley e Kyle Rasmussen.
Ennesima mazzata sulla schiena da parte di “Building And Breaking Bridges” che – ahimé – nulla aggiunge e nulla toglie a quanto già sentito, compreso i tediosi passaggi di chitarra.
Incipit movimentato e dai toni drammatici per “Frozen Feastings”, che prosegue con un rifferama dinamico, cui vengono – mio parere – tarpale ali a causa degli insistiti blast beats scatenati da Scott Walker. La coppia d’ascia dimostra una buona sensibilità melodica, intrecciando in maniera accattivante le scale proposte da ciascun chitarrista.
Un po’ più articolata – nel senso della composizione – “Lucid Nightmare”, che comunque prosegue imperterrita a costruire, mattone dopo mattone, un impenetrabile muro di suono; il quale offre poi la faccia più dura con “A Great Farmland Romance”.
“As The Vultures Circle” è eretta su una serie di riff (poco potenti) di chitarra, vitaminizzati dalle partiture del basso.
Chiude “Still Breathing”, introdotta da un dolce e rilassato arpeggio di chitarra acustica a intrecciare una melodia dolce e accattivante; composta presumibilmente per riprendersi dal duro ascolto in sequenza del platter. Ovviamente la song sale d’intensità con l’entrata della strumentazione elettrica, che non si dimostra né invasiva né aggressiva.

An Awakening Restart Your Mind è un album tosto, consistente e dal taglio moderno. Ricco di spunti e tentativi per dargli qualcosa di diverso dal solito.
La cosa riesce solo a metà, poiché alla fine rimane l’amaro in bocca per la sostanziale mancanza di originalità che avrebbe potuto far emergere il gruppo dal limbo delle migliaia proposte esistenti.
Se i Those Who Lie Beneath concentrassero di più i loro sforzi nel songwriting, potrebbe, allora, verificarsi un buon salto di qualità.

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Track-list:
1. Awaken 4:00
2. 8 To 5 3:34
3. Through His Eyes 5:00
4. Out Of Sight, Out Of Mind 3:05
5. Building And Breaking Bridges 3:58
6. Frozen Feastings 4:58
7. Lucid Nightmare 3:43
8. A Great Farmland Romance 4:26
9. As The Vultures Circle 4:19
10. Still Breathing 7:54

Line-up:
Jamie Hanks – Voce
Tayolor Danley – Chitarra
Kyle Rasmussen – Chitarra
Adam Roethlisberger – Basso
Scott Walker – Batteria
 

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