Recensione: An Homage to Falkenbach Pt. II

Di Daniele Balestrieri - 8 Maggio 2006 - 0:00
An Homage to Falkenbach Pt. II
Band: AA. VV.
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Genere:
Anno: 2006
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80

Questo disco è il seguito del primo tributo a Falkenbach, congrega di 16 band per lo più europee che hanno dato vita a una coppia di dischi in omaggio ai 10 anni di carriera di uno degli artisti folk/viking più blasonati del panorama musicale pagano. Per maggiori informazioni sulla genesi del prodotto vi rimandiamo alla recensione del primo album.

Il secondo disco inizia con una delle canzoni più vecchie di Vratyas, “Galdralag” – direttamente dal demo e da En Their Riki Fara – la quale è stata adottata e suonata con grande stile da un cantore di nome Morgan the Bard, il quale l’ha resa una vera ballata medievale di gran ricercatezza con flauti, arpa e tamburello inframezzati da un breve assolo corale. Quando si parla di riadattamento di classe, sicuramente le due opener strumentali mi vengono in mente come gli esperimenti più riusciti di entrambi i CD di tributo. Segue “When Gjallarhorn will Sound” dei “celtiberici” Hordak che sono rimasti fedeli alla versione di Magni Blandinn ok Megintiri, pur rendendola leggermente più heavy ed epica della propria controparte. Buona la voce pulita, e buono anche lo scream di metà canzone, che rende la traccia un’ottima prestazione mediterranea.
I Geist, conosciuta band tedesca di black oscuro underground, non hanno potuto fare a meno di ottenere il diritto di pubblicare la cover di “Laeknishendr“, la canzone forse più black del vecchio Falkenbach, registrata nell’estate del 2004 e rimaneggiata in un perfetto spirito black old school. La registrazione, talmente casalinga da mettere in risalto persino il rimbombo della sala prove, risulta di volume leggermente basso e ovattato ma di buon impatto artigianale: di certo si sente che batteria, chitarra-zanzara e basso sono suonati da grezze mani umane. Interessante la parte in scream di metà canzone, ricoperta da un tappeto di cori maschili per renderla tanto epica quanto basta per ricordare lo spirito di Falkenbach. Si prosegue con “Aduatuza“, perla di Ok Nefna Tysvar Ty, registrata dai francesi Diamond Eyed Princess i quali hanno riprodotto persino la resa echeggiante della versione originale e i cori spasmodicamente epici, che sembrano direttamente provenire da Lord Vratyas in persona. Anzi, se non fosse per le parti strumentali molto personali, si direbbe cantato da Falkenbach stesso, cosa che non può non giovare all’ascolto complessivo dell’opera.
Gli svizzeri Eleuvetie, forse la band più famosa del mucchio, hanno resa propria la famigerata opener di Ok Nefna Tysvar Ty, “Vanadis“, che si apre con dei bathorianissimi corni e sciabordii di onde, solo per sprofondare immediatamente in un’overtoure strumentale di violini e cornamuse di enorme impatto celtico. Probabilmente questa versione di Vanadis, immersa in un coro di flauti e di voci primitive è una delle sorprese più emozionanti dell’intera collezione, e un rimaneggiamento – finalmente fuori dagli schemi costrittivi di Falkenbach – decisamente da ascoltare e godere.

Dopo i dovuti complimenti all’ottima band elvetica si passa a “Winternight“, suonata dai moscoviti Forgotten Daylight, già alla ribalta per un album presto in vendita che dovrebbe mettere in luce questi russi passati dal brutal del 2002 a un doom/viking metal tenebroso di grande impatto. E le tenebre, tema portante della loro filosofia musicale, sono presenti in maniera preponderante in questa riedizione della sesta, inquietante traccia di En Their Medh Riki Fara. I celebri Vinterriket quindi portano all’ascolto quell’epica “Walhall” direttamente proveniente dai solchi di Magni Blandinn ok Megintiri. L’anima decadente della band tedesca ben si associa al tipo di musica proposto, se non fosse che il cantante probabilmente si è scordato di entrare in sala registrazione e sembra che abbia cantato da dietro un muro: le voci sono a malapena distinguibili dal marasma sonoro delle chitarre e della tastiera che da sola rapisce quasi l’80% dell’ascolto. Il risultato finale è indubbiamente alienante, e sicuramente folkloristico a modo suo.
Conclude la carrellata di questo tributo “The Ardent Awaited Land“, canzone che si presta bene a terminare un album, dei cileni Bewitched, i quali mostrano un’ennesima ventata di novità riarrangiando la famosa canzone di Falkenbach con dei ritmi tribali composti esclusivamente di percussioni, tamburelli e una serie non meglio identificata di voci, rendendola un’esperienza tra l’ambient e il primordiale di grande effetto.

In conclusione, vale la pena di ascoltare entrambi i dischi. Per via del genere proposto, la loro alta fruibilità li rende adatti anche a chi non è un fan di Falkenbach, anche se l’edizione estremamente limitata (appena 500 copie a disco) sicuramente appagherà 500 tra i fans più incalliti del maestro isladese/tedesco. Peccato appunto per la produzione un po’ frettolosa che ha impedito di creare un libretto decente che avrebbe dato certamente lustro e visibilità alle band che – si vede chiaramente – hanno dato passione e tecnica per creare un’opera doppia di indiscusso valore artistico.

TRACKLIST:

1 – Morgan the bard – Galdralag
2 – Hordak – When Gjallarhorn Will Sound
3 – Geist – Laekishendr
4 – Diamond Eyed Princess – Aduatuza
5 – Eleuvetie – Vanadis
6 – Forgotten Daylight – Winternight
7 – Vinterriket – Walhall
8 – Bewitched – The Ardent Awaited Land

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