Recensione: Anagogic Tyranny
Derek James From, in arte Dharok, è una macchina da riff. Chitarrista canadese di eccellente tecnica, appassionato di metal estremo, mi ricorda il suo illustre connazionale Jeff Waters per la grande prolificità del suo lavoro compositivo unita alla velocità folle cui lo sentiamo lanciare il proprio guitaring durante fraseggi di alta scuola.
Diventato negli anni un vero e proprio progetto solista, Sympathy annovera ora la collaborazione dietro le pelli di Jim Austin degli Into Eternity, Jeff Lewis (già dei Mortification) alla seconda chitarra e lo stesso Dharok alla voce.
La musica proposta dal terzetto è un technical death che sposa la solenne carica aggressiva del thrash e che abusa dell’aspra violenza del black metal per tessere trame di batteria ancor più martellanti e disturbanti.
Particolarità interessante che salta all’orecchio consiste nel fatto che le lyrics, oltre a parlare di tematiche care al genere come la morte, affrontano il tema del Cristianesimo ponendolo dal lato positivo di una fede profonda in cui cercare manforte per affrontare o rifugere la dura quotidianità della vita, che non manca di mostrare continuamente la propria caducità. Questo aspetto così insolito per una band del genere ha portato molti ad inserire i Sympathy addirittura nel novero delle White Metal Band. Ma io credo che questo debba importare poco rispetto all’analisi della musica contenuta in questo Anagogic Tyranny, terzo full-lenght ufficiale del gruppo.
Il disco parte come un plotone di esecuzione con dei fucili mitragliatori in pugno: il ritmo spezzacollo di Insurrection non lascia prigionieri e lancia un trend maligno che proseguirà per tutta la durata dell’album. Mai un rallentamento, mai una tregua, riff che sono come trombe da battaglia che annunciano l’assalto, preludi a tremende mazzate sui denti come in On a bloodied cross, o che si fanno vento del nord come in Perfection in Death.
È l’ascia di Dharok a guidare l’orchestra con maestria e tecnica sopraffina, il master mind macina soluzioni malate e fa fischiare la sua chitarra, prima di proiettarla in assoli ultra veloci e fantasiosi. La sua voce è, a mio avviso, un po’ penalizzata dalla produzione, che la fa risultare di una spanna più bassa rispetto agli strumenti, con il risultato di farla apparire alquanto piatta, nonostante Dharok, con il suo screaming incessante, alternato a sporadici growling, urli instancabilmente tutta la sua rabbia.
La maggiore complessità ed originalità compositiva la si può trovare nel trittico infernale Enslaved by Depravity-Underworld-Forgotten Temples, tre brani che racchiudono in più una grande epicità, rafforzata anche dall’uso azzeccato delle tastiere, non utilizzate a mo’ di coprente tappeto sinfonico, ma centellinate con gusto a creare dei piccoli eleganti ricami.
A chiudere il tutto la lunga Potter’s Field: Hic Occultus Occulto Occisus Est, un pezzo dalle forti, cadenzate tinte doom, nel quale tornano solenni le tastiere e che si chiude con una funerea campana la quale, tetra, annuncia il nostro inevitabile destino.
Anagogic Tyranny non sarà la svolta musicale dell’anno, ma è un disco suonato con passione e professionalità che gode, tra l’altro, anche di una produzione in studio davvero ottima (voce a parte) e che mette in luce una realtà, quella dei Sympathy, magari ancora poco conosciuta dalle nostre parti, ma che merita sicuramente di essere valutata con attenzione una volta per tutte.
Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro
Tracklist:
1. Insurrection 04:00
2. And All Flesh 04:39
3. On a Bloodied Cross 04:58
4. Ours the Grave 03:16
5. Perfection in Death 04:30
6. Enslaved by Depravity 04:27
7. Underworld 03:43
8. Forgotten Temples 04:59
9. The Iscariot Aspect: Fides Quarens Intellectum 04:41
10. Potter’s Field: Hic Occultus Occulto Occisus Est 08:18
Total playing time 47:31