Recensione: Anatomy is Destiny

Di Alberto Fittarelli - 12 Dicembre 2003 - 0:00
Anatomy is Destiny
Band: Exhumed
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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87

Questo è il classico caso di trasformazione improvvisa, quello che non ti saresti mai aspettato e che invece sul più bello ti lascia a bocca aperta: no, non preoccupatevi, gli Exhumed non si sono messi a fare disco-dance, ma non sono neanche più la band grezza e col sound a motosega a cui ci avevano abituati nei dischi precedenti.

Sarà un caso, ma spostandosi dai lidi cui erano soliti gli Exhumed si sono collocati su quella linea che ora sembra andare per la maggiore in ambiente death/grind: la riscoperta di quei mostri sacri, mai troppo lodati, dei Carcass. Se avete presente l’ultimo disco degli Impaled, quel Mondo Medicale che ha fatto guadagnare, tra le altre cose, ai 4 pazzi statunitensi un contratto targato Century Media, potete già avere una buona idea di quello che troverete su Anatomy is Destiny: un sound serrato, preciso, secco ed ipertecnico (senza scadere però in inutili virtuosismi), dove la melodia gioca un ruolo non indifferente, pur emergendo da un tappeto sonoro che rimane martellante e convulso.

A differenza dei grinders sopracitati, però, gli Exhumed scelgono su questo album tempi di batteria decisamente più veloci, che enfatizzano ulteriormente l’ottimo lavoro svolto anche dalle chitarre e la coordinazione dei 2 vocalists, abilissimi nel valorizzare la doppia timbrica su riff così violenti; il tutto impreziosito da una produzione che resta forse il top tra quelle della Relapse Records, sicuramente la migliore mai avuta dalla band stessa: d’altronde un nome come Neil Kernon, già con Judas Priest, Nevermore e Cannibal Corpse, non può certo essere lì a caso.
L’accoppiata iniziale (intro esclusa) è di quelle che spingono il bravo grinder all’acquisto immediato: Waxwork è “carcassiana” ai massimi livelli, con quella tipica melodia corrosiva, acida, a spuntare nei punti chiave, e lo screaming di Mike Beam che ricorda in tutto e per tutto il Jeff Walker d’annata; The Matter of Splatter, ironica come sempre anche nel testo, ci riporta alla mente sia il brutal americano più classico (per le ritmiche isteriche) sia Necroticism dei 4 inglesi di cui sopra, disco che viene però metabolizzato e riproposto in una versione a velocità raddoppiata.

Tutto il disco si mantiene su livelli alti, con piacevoli e curiose sorprese qua e là, come l’inserto di voce infantile in Nativity Obscene (A Nursery Chyme), o il sound più arioso (relativamente parlando) di In the Name of Gore, che si propone come un hit per i prossimi live del gruppo.

Insomma, gli Exhumed hanno saputo rivoluzionarsi: sono cresciuti, di pari passo con le dimensioni e la professionalità della loro label (e relative vendite), hanno imparato a suonare veramente ed a trascurare il puro impatto per qualcosa di più articolato: promossi a pieni voti, questo è un disco da tenere a mente come esempio del genere!

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

Tracklist:

1. Anatomy Is Destiny
2. Waxwork
3. The Matter Of Splatter
4. Under The Knife
5. Consuming Impulse
6. Grotesqueries
7. In The Name Of Gore
8. Arclight
9. Nativity Obscene (A Nursery Chyme)
10.Death Walks Behind You
11.A Song For The Dead

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