Recensione: Ancient Astronauts

Di Giorgio Giusti - 29 Settembre 2022 - 11:52
Ancient Astronauts
Band: Motorpsycho
Etichetta: Stickman Records
Genere: Progressive 
Anno: 2022
Nazione:
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80

Descrivere Ancient Astronauts non è cosa semplice, fin dalle primissime note si ha la sensazione di essere di fronte a una sorta di “music for opera”, una colonna sonora per un film immaginario.

I pezzi sono quattro, l’album sfiora i 44 minuti ed il quarto brano domina la scena con i suoi 23 minuti. Chi di voi conosce i Motorpsycho penserà (a ragion veduta) a fare un confronto con la lunga suite “N.O.X.” presente in All Is One, anch’essa come “Chariot Of The Sun – To Phaeton On The Occasion Of Sunrise” riferita al rito della primavera.

In quest’ultimo lavoro affiora, però, lo ribadiamo, una decisa impronta “cinematografica”; poi, come a volte capita durante la realizzazione di un progetto, si verifica qualcosa d’inaspettato e decisamente determinante: in questo caso la pandemia da Covid-19. Da ciò la necessità di rivedere e magari ridisegnare il progetto, ma fortunatamente nel nostro caso senza perdere la magia già scaturita all’inizio del concept. Continuare a propagare tale magia è lo scopo primario del terzetto Motorpsycho

“The Ladder” è il primo pezzo e si parte a spron battuto, con energia, contaminazioni e teatralità che ci avvolgono con naturalezza in maniera davvero decisa. Inizia il viaggio nel vero senso della parola, del resto i Motorpsycho sono maestri in questo da ormai 30 anni e non si smentiscono proponendo riff dal piglio progressive e sonorità immerse negli anni Settanta.

La seguente “The Flower Of Awareness” nella sua brevità si sostanzia di suoni e rumori per creare un’atmosfera tetra che poi si dipana all’arrivo delle poetiche e sognanti note del violino che ci introducono al pezzo successivo “Mona Lisa / Azrael”. Brano decisamente rilevante nei suoi 12 minuti, con il suo inizio tranquillo che cresce e si trasforma portando con sé un presagio di cambiamento verso una travagliata e complessa mutazione interna.

Affiora però l’unica dolente nota, una sorta di esagerata cacofonia pervade infatti la parte centrale del pezzo che pare essere slegato dal resto della composizione e non trasmette forse ciò che si erano prefissati nella fase di stesura del brano, ossia l’arrivo oscuro e sontuoso di Azrael, l’Angelo della morte. Anche il guitawrok è molto slegato, delirante, quasi sfilacciato… il pezzo poi si riprende nella sua fase finale tornando al consueto elevato standard dei Motorpsycho.

Infine siamo di fronte alla monster-track “Chariot Of The Sun To Phaeton On…”. La suite si prende il suo tempo prima di manifestarsi nella sua forma compiuta; la chitarra che si erge a protagonismo onirico è sulfurea, ipnotica, capace di aprirsi con atmosfere più malinconicamente solari, ma resta sublime nell’incedere per esplodere inquieta e cerebrale; la sezione ritmica è davvero perfetta e in simbiosi con il resto del comparto strumentale. ‘Chariot Of The Sun To Phaeton On…’ in definitiva è davvero sublime. La magnificenza presente in quest’ultimo pezzo è riservata a ben poche band ed è corretto pensare che il cantato sarebbe stato addirittura superfluo, tant’è perfetto l’insieme degli elementi presenti anche senza parti vocali, ognuno con il suo climax e la propria rilevanza. Conoscete il detto il brano da solo vale il prezzo del biglietto? è proprio questo il caso e ‘Chariot Of The Sun To Phaeton On…’  lo vale interamente. Provate a immaginarvi di entrare in un negozio di musica e in sottofondo sentire questo brano; vedreste più di una persona chiedere al personale: «Scusa questi chi sono? Che disco stiamo ascoltando?» e voi attenti a sentire la risposta mentre cercate il disco.

Ancient Astronauts è un altro viaggio in compagnia di un gruppo sicuramente unico, che sperimentando si spinge verso confini dove solo loro o pochi altri possono azzardare un’esplorazione sonora. In questo ultimo lavoro inoltre la componente “cinematografica” si è aggiunta alle note peculiarità degli elementi già presenti nel loro marchio di fabbrica.

Forse non è riuscito tutto alla perfezione, forse avrebbero potuto aggiungere altri pezzi considerando la brevità dell’intero album, forse manca un po’ il quarto elemento in questo album, Reine Fiske (che è rimasto escluso dal lavoro proprio a causa della pandemia), o forse non manca proprio nulla… perché terminato l’ascolto del disco sono pronto a riascoltarlo ancora e ancora…, sono malato di Motorpsycho?

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