Recensione: Ancient Rocks

Di Stefano Ricetti - 29 Maggio 2016 - 0:10
Ancient Rocks
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2016
Nazione:
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70

L’idea alla base del quarto capitolo officiale della carriera discografica di Joe Hasselvander, batterista di Pentagram, Raven e Guardians of the Flame, da quanto scritto all’interno del sito della Black Widow Records, prese avvio proprio in comunione con la label genovese per assecondare un antico desiderio dello stesso drummer.

Dopo aver sentito Pin-Ups di David Bowie, del 1973, al buon Joe venne la stessa idea poi realizzata dal Duca Bianco: scrivere un intero album di cover, ovviamente in ambito Hard’N’heavy, appartenenti a band che per mille motivi non arrivarono mai a raggiungere i riflettori delle luci della ribalta, o quantomeno se lo fecero la cosa di certo non durò per tutto l’arco di un carriera.

La scelta dei brani è stata, da parte dell’ex Pentagram, naturale, totalmente in linea con lo spirito degli ensemble coinvolti. Fondamentalmente è stato dato spazio a realtà che hanno, fra la metà degli anni Sessanta e la metà del decennio successivo, formato la coscienza artistica del Nostro nonché influenzato il suo modo di intendere la musica. A molti dei pezzi facenti parte di Ancient Rocks viene data idealmente una seconda possibilità, anche se evidentemente fuori tempo massimo. Va da sé che, come auspicato dallo stesso Hasselvander e dai suoi Hounds, si possa poi prendere spunto per approfondire la storia di talune band del passato che hanno contribuito a creare le basi dell’heavy metal e derivati che tutti amiamo oggi.            

Per arrivare a realizzare Ancient Rocks il buon Joe si avvale di vecchi amici, fra i quali spiccano Martin Swaney (ex-Death Row/Pentagram) al basso e T.C. Tolliver (Ex-Plasmatics) alla batteria. Ovviamente Hasselvander si occupa delle parti cantate mentre alle tastiere prende posto Paolo Negri. Alla chitarra Russ Strahan, anch’essa vecchia conoscenza dei Pentagram, per poi passare a Paulie Kraynak al basso, Jimmy Kunes alla voce su One Eyed Trouser, Snake Rumba e Frankie Brando ai tamburi per quanto afferente Come and Get It.

Scorrendo i nomi delle band coverizzate, per chi – ancora – ha in testa qualche capello bianco, è inevitabile non provare antichi pruriti. Mi riferisco in principal modo a Humble Pie, Blue Cheer e allo stesso Bob Seger. Gli altri artisti coinvolti rispondono ai nomi di Troggs, Trooper, The Pretty Things, Bang, Boomerang, Jerusalem e Damnation of Adam Blessing.

Scodellarsi nelle orecchie le tracce di Ancient Rocks equivale a fare un viaggio a ritroso nel tempo, come nelle intenzioni del bombardiere dei Raven e le emozioni scorrono inevitabilmente fra i solchi di questa sporca dozzina di brani, antesignani di quello che verrà poi meglio etichettato come heavy metal, hard rock, doom metal. Fra i più riusciti spicca Teachin’ Blues, sporca e diretta in pieno trip segeriano, la saltellante One Eyed Trouser Snake Rumba degli Humble Pie e la durissima Primitive Man dei Jerusalem. Probabile highlight del disco Juke It, il più spudorato manifesto odorante anni Settanta di tutto il lotto. A condire il tutto di malignità assortita l’arrochita voce scartavetrata di Joe Hasselvander

Ancient Rocks: operazione illuminante, oscuramente affascinante e non solo per inguaribili nostalgici…

Il Cd si accompagna a un booklet di dodici pagine con belle – e inquietanti – foto di Joe Hasselvander e dei suoi sodali con due facciate dedicate alla genesi dello stesso lavoro, targato ovviamente Black Widow Records, una fra le poche realtà nazionali in grado di supportare e credere in operazioni coraggiose di questo tipo.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti        

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