Recensione: … and Death Said Live
Dopo cinque anni di silenzio dall’ultimo full-length, “Liberation = Termination” (2007), tornano – con una line-up completamente stravolta e quindi principale responsabile del mutismo di questo intervallo temporale – i finlandesi Mors Principium Est. Una vera e propria rivoluzione che ha portato il cantante Ville Viljanen a diventare la sola memoria storica della band e il suo indiscusso leader. Si tratta di un ritorno in grande stile che ha coinvolto una major come l’AFM Records e gli Swedish Panic Room Studios (Solution .45, Scar Symmetry, ecc.), sinonimi entrambi di una grande cura e professionalità per la riuscita complessiva del prodotto. Oltre a ciò, basti pensare che le audizioni per la scelta dei due nuovi chitarristi (il britannico Andy Gillion e il neozelandese Andhe Chandler) hanno coinvolto oltre duecento musicisti, per rendersi conto della voglia, da parte dell’ensemble scandinavo, di lasciare segno con un’opera di grande valore.
Comprendere se tale obiettivo, la cui preparazione ha investito così tanta cura, sia stato o meno raggiunto non è un’impresa né ardua né lunga: basta il primo ascolto di “… and Death Said Live” per rendersi conto di avere di fronte un album completo in ogni minimo particolare e, soprattutto, costellato di canzoni tutte – una per una – in grado di lasciare un segno profondo nella mente, nell’anima e nel cuore. Il sound elaborato dal combo di Pori resta fedele agli stilemi del ‘gothenburg metal’ ma, attenzione, far di esso un semplice clone di gente come gli At The Gates, In Flames, Dark Tranquillity o Children Of Bodom sarebbe un errore di valutazione tanto marchiano quanto imperdonabile. I Mors Principium Est vivono di vita propria avendo fatto tesoro sì dell’esperienza passata nel campo del death metal melodico, ma interpretano quest’ultimo in un modo tutto loro inserendo per esempio elementi neoclassici soprattutto negli stupendi soli dei formidabili axe-man, oppure spingendo il piede su orchestrazioni di ampio respiro, in grado di rendere totalmente visionaria una musica già ricca di tanti particolari pennellati con classe e talento artistico. Non si tratta di sperimentazione, quindi, ma di profonda attenzione per l’arte compositiva, utilizzando per essa cliché già forgiati tuttavia combinati fra loro in modo originale; rispettando la tradizione del genere, la struttura della song tipica dello swedish death metal e amplificandone le possibilità melodiche giungendo così a uno stile possente, massiccio, veemente. E ancora, aggressivo, a tratti pure brutale ma, ovunque, baciato da un’armonia del suono e una cristallinità così pura che solo il diamante può avere.
Pur essendoci stato molto studio, alla base di “… and Death Said Live”, non c’è alcun accenno di artificiosità: i riff duri e stoppati delle sei corde, le improvvise, fulminee accelerazioni sino ai blast-beats della batteria, gli estesi movimenti creati dalle tastiere, i finissimi ceselli ricamati dalle chitarre soliste, gli intrecci e le aperture melodiche, si fondono assieme con una naturalezza sorprendente, accordandosi con i più intimi pensieri e i sogni più colorati. Viljanen, poi, è la ciliegina sulla torta, essendo capace di modulare il suo growling un po’ allucinato per seguire come un’ombra, con le sue linee vocali, il robusto sottofondo musicale. Rendendo assai dinamiche e cattive le strofe e molto caratteristici i ritornelli, accattivanti senza che le clean vocals facciano mai capolino da un sound costantemente e consistentemente granitico.
Come più su accennato, la grande peculiarità di “… and Death Said Live” è insita nell’alta qualità estetica dei suoi brani, tranquillamente definibili… ‘d’autore’. Per averne coscienza, basta “The Awakening”, splendida intro dal sapore gotico che lascia presagire incommensurabili vette melodiche con il suo leitmotiv che, in grande, è ripreso in “Departure”, song-capolavoro retta da un violentissimo quattroquarti sfociante in un ritornello magnifico per chiusura delle battute e clamorosa melodiosità, compreso un guitar-solo stratosferico e un breve break strumentale addirittura aulico. Un episodio che a lungo, molto a lungo rimarrà nella memoria, causando – al suo ricordo – molti brividi di piacere sulla pelle. ‘Inutile’ mettersi a fare il track-by-track: ogni pezzo ha quel qualcosa di speciale in più che tantissimi altri, altrove, non hanno. Non si può tuttavia non menzionare “The Meadows Of Asphodel”, dal vago retrogusto black, il cui incedere è talmente travolgente che nemmeno una diga a gravità resisterebbe al suo impatto dinamico.
I Mors Principium Est non avranno inventato un genere ma, senza dubbio, sono fra i più grandi compositori di death melodico ‘puro’ moderno. Non basta, questo, per non lasciarsi scappare di mano “… and Death Said Live” dandogli il giusto rilievo nella propria discografia?
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce:
1. The Awakening 0:55
2. Departure 5:44
3. I Will Return 4:29
4. Birth Of The Starchild 4:12
5. Bringer Of Light 4:16
6. Ascension 4:30
7. …and Death Said Live 2:01
8. Destroyer Of All 3:57
9. What The Future Holds? 5:28
10. The Meadows Of Asphodel 4:24
11. Dead Winds Of Hope 6:23
Durata 46 min.
Formazione:
Ville Viljanen – Voce
Andy Gillion – Chitarra
Andhe Chandler – Chitarra
Teemu Heinola – Basso
Mikko Sipola – Batteria
Musicisti addizionali:
Ryan Knight (The Black Dahlia Murder) – Chitarra in “Birth Of The Starchild”
Jona Weinhofen (Bring Me The Horizon, Bleeding Through) – Chitarra in “What The Future Holds?”