Recensione: And So It Came To Pass

Di Daniele D'Adamo - 27 Febbraio 2012 - 0:00
And So It Came To Pass
Band: Dyscarnate
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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80

Un altro gigantesco bombardiere arriva dalla Gran Bretagna. Si chiama Dyscarnate, è stato costruito nel 2004 e porta forze fresche all’invasione del death metal Made in England. “And So It Came To Pass” è la sua seconda missione dopo l’esordio nei territori degli album di lunga durata avvenuto nel 2010 con “Enduring The Massacre”. Nuovo full-length che è stato registrato da Chris Fielding (Cerebral Bore, Maniacal Miscreation) presso le sale dei gallesi Foel Studio, quindi missato e masterizzato in Danimarca da Jacob Hansen (Aborted, Xerath).

Full-length che, non si può dire inaspettatamente giacché gli inglesi non toppano quasi mai, in ambito metal, si rivela una graditissima sorpresa. I Dyscarnate sparano una mostruosa quanto spettacolare miscela di death vecchio/antico, riuscendo a combinare in modo perfetto l’old school alle nuove sonorità in ambito estremo. Non si è trattato, cioè, di contaminare il death con elementi a esso estranei, bensì di mischiare parti della medesima provenienza: per fare un esempio, il rifferama marcio della vecchia scuola in stile Carcass ai terrificanti breakdown della corrente *-core.
Di loro, i Nostri ci mettono una forza apparentemente senza fine: come una grandinata in agosto, le note sferzano e trapassano l’aria con un’energia straordinaria. Quasi impossibile credere che a forgiare le canzoni di “And So It Came To Pass” siano solo in tre. Tom Whitty, Henry Bates e Matt Unswort sono musicisti che non disdegnano di addentrarsi in passaggi molto tecnici, ma che fanno dell’aggressività e della determinazione la loro arma migliore. Anche i quei momenti ove, per l’appunto, la macchinosità del suono è maggiore oppure quando la velocità sfiora quella della luce, non viene meno il rispetto dell’identità del ‘vero’ death metal. Si tratta di una caratteristica congenita nel DNA del terzetto di Horsham, il quale – evidentemente – nonostante la verde età può vantare un retroterra culturale di grande spessore che l’ha aiutato a focalizzare con precisione ma soprattutto fermezza un sound apparentemente antitetico nelle sue peculiarità antico-moderniste.

Ecco, allora, che accanto a segmenti dominati da granitici mid-tempo dall’odore dannatamente sulfureo e corrotto, si scatenano all’improvviso le brucianti accelerazioni del drumming di Unswort; i cui terrificanti blast beats proiettano il suono nei vortici dello spazio profondo. Whitty e Bates non sono da meno, in ogni caso. In misura più evidente il primo, che su un muro di suono immenso creato dalla propria chitarra – non omettendo una buona dose di attitudine thrash nell’elaborazione dei riff – mette una voce gutturale davvero cattiva e impetuosa. Pure Bates mostra, con il suo dissennato screaming, pari abilità nell’uso dell’ugola, facendo spesso capitombolare con il basso il suono della band durante i numerosi rallentamenti del ritmo.    

La grande possanza del sound dei Dyscarnate si specchia, pure, nella costruzione dei brani del disco. C’è parecchia varietà sia nel guitarwork sia nei pattern di batteria ma non si muovono i punti cardine durante i quali, decelerando tumultuosamente, il combo inglese pare esplodere in virtù di una virulenza apparentemente senza fine. L’opener strumentale “The Weight Of All Things” è un richiamo al leggendario incipit di “Let There Be Death” (“The Force”, 1986) dei connazionali Onslaught, fatto apposta per caricare le membra di adrenalina e quindi farle saltare in aria con la follia scardinatrice di “In The Face Of Armageddon”. “Cain Enable” dopo una prima parte ragionata scatena l’inferno sulla Terra, alternando sempre e comunque tratti lenti (sic!) a sezioni irresistibilmente incalzanti. Compare un pizzico di cyber death metal in “A Drone In The Hive”, mentre “Engraving Ecstasy” è forse il momento più tecnico di tutto il CD. “The Promethean” rivela la buona inclinazione dei Dyscarnate per i temi epici, mitologici; anomalia nel settore del death, abituato a trattare più diffusamente di altri argomenti. In “Grinding Down The Gears” diventa lecito chiedersi come si possa spingere così a fondo il pedale dell’acceleratore senza perdere la bussola, quando “Rise And Fall” è un mid-tempo sì corrosivo da levare la pelle. “Seizure” alza nuovamente all’inverosimile i valori del tachigrafo quasi per preparare chi ascolta al definitivo assalto sonoro di “Kingdom Of The Blind”.    

Poco altro da scrivere: i Dyscarnate fanno paura e “And So It Came To Pass”, pur non rimanendo nella Storia per innovazione, spacca la schiena in due.
        
Daniele “dani66” D’Adamo

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Tracce:
1. The Weight Of All Things 1:57 (strumentale)
2. In The Face Of Armageddon 2:42     
3. Cain Enable 4:14     
4. A Drone In The Hive 3:37     
5. Engraving Ecstasy 3:48     
6. The Promethean 4:34     
7. Grinding Down The Gears 4:55     
8. Rise And Fall 3:27     
9. Seizure 3:41     
10. Kingdom Of The Blind 5:07          

Durata 38 min.

Formazione:
Tom Whitty – Chitarra e voce
Henry Bates – Basso e voce
Matt Unsworth – Batteria
 

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