Recensione: … and the Universe Keeps Silent

Di Daniele D'Adamo - 19 Aprile 2024 - 0:00
… and the Universe Keeps Silent
Band: Mære
Genere: Death 
Anno: 2024
Nazione:
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58

E la sperimentazione raggiunse anche il death metal…

Sì, perché “… and the Universe Keeps Silent”, album di debutto dei Mære, presenta parecchi spunti di avanguardia musicale tale da far venire in mente una definizione ad hoc, peraltro già sentita in giro, di avantgarde death metal.

Una definizione che indica il raggiungimento di un elevato gradino evoluzionistico, per uno stile totalmente anzi completamente immersivo nella disarmonia. Il campo di azione dell’LP è, infatti, contenuto entro i confini del Regno della dissonanza, in cui è bandita e messa a morte anche una singola nota di accenno alla melodia.

Ma non si tratta certo solo della cacofonia, a illustrare ciò che è la musica della band tedesca. Ogni singolo elemento che fa parte della sua consistenza è avulso dai normali, tipici segni caratteristici che raffigurano il metallo della morte. Certo, all’interno delle cinque, lunghe song che compongono il disco sono presenti segmenti di death convenzionale, se così si può dire, ma la matrice di base che dà luogo allo stile dei Nostri pesca dettami vari, non per forza retaggio del contesto in cui è immerso “… and the Universe Keeps Silent”.

Il suo mood è fortemente lisergico, attivando con ciò la sezione cerebrale deputata ai sogni. Sogni tetri, bui, tenebrosi, in cui si materializzano viaggi sconfinati in paesaggi spogli, oscuri, privi della luce del Sole. Un cammino lento e triste, volto ad attraversare un deserto sabbioso all’infinito. Queste descritte sono sensazioni ed emozioni negative, tipiche di un animo depresso che osserva un nero baratro cui non è dato di osservarne il fondo, posto che ci sia.

Occorre anche osservare che l’underground in cui si muovono i Mære è di quello buono, nel senso che i medesimi sono formati da musicisti dalla cospicua esperienza nel campo del metal estremo. Il che giustifica sia una tecnica strumentale di prim’ordine, sia un’intrinseca facilità nel dar vita a un lavoro molto difficile da ascoltare per via di un songwriting adulto e raffinato. Ma, anzitutto, una naturalezza non certo comune nel far sì di proiettare la mente altrove, più specificamente nelle immaginarie e già menzionate lande della solitudine.

Il riffing messo su da III e V è estremamente complicato, si direbbe lambiccato nel dare la vita a un inestricabile agglomerato di riff impossibili da mandare a memoria per la loro continua variabilità, fattispecie difficile da digerire anche per gli ascoltatori culturalmente più attrezzati. Il confine con l’improvvisazione è davvero labile, il che rende ancora più arduo riuscire a resistere senza crollare nello strascicato cammino che, dall’opener-track ‘All Those Things We’ve Never Been (The Grandeur of Nihilism)’, conduce alla closing-track ‘Think of Me As Fire’.

Un cammino in cui, grazie anche alla lentezza del suo incedere, si possono passare e ripassare, nella mente, i cinque brani del platter senza venirne mai a capo. Generando in tal modo paura e orrore per un anti-costrutto la cui anima non si riesce minimamente a comprendere.

È chiaro che anche linee vocali presentano un volto rigato da mille rivoli di sangue rappreso, come a indicare che il growling sia lo stile principale adottato dal terzetto teutonico, tuttavia inframmezzato da clean vocals, echi di voci lontane, grida, harsh vocals. E così basso e batteria, queste manovrate dal ridetto V in coppia con IV, per una sezione ritmica imperscrutabile nel suo incedere deciso ma inintelligibile.

Va da sé che “… and the Universe Keeps Silent” sia un lavoro troppo complesso e disarticolato per essere masticato e poi digerito. Posto che ci si riesca. In suo essere così ingarbugliato e tortuoso alla fine stanca, lasciando il campo alla noia. Tuttavia, una particolare menzione non si può non accostare ai Mære per il coraggio con cui hanno mostrato il volto meno convenzionale del death metal.

Purtroppo, a parere di chi scrive, scivolato nell’astruso.

Daniele “dani66” D’Adamo

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