Recensione: And Thou Shalt Trust… The Seer

Di Marcello Labombarda - 3 Settembre 2009 - 0:00
And Thou Shalt Trust… The Seer
Band: Haggard
Etichetta:
Genere:
Anno: 1997
Nazione:
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83

“One of man’s darkest chapter, it has just begun
In the sign of the cross they rise
It’s the epoch of the inquisition
Too many brothers and sisters have died…”

Con questa tenebrosa introduzione una soave voce femminile ci sussurra malinconica la lugubre atmosfera che lambirà le nostre sensazioni durante l’ascolto di questo album, accompagnandoci in un medioevo buio, che rievoca l’oppressione dell’inquisizione e la malinconia dell’animo umano di quei tempi oscuri. E’ un profondo salto a ritroso nel tempo, in un tetro passato, un salto a ritroso nella carriera di una complesso chiamato Haggard, che sotto la Drakkar nel 1997 ci presentò “E tu ti fiderai…del Profeta”: And Thou Shalt Trust… The Seer.

Il metal incontra la musica classica, ma non si tratta di qualcosa di già sentito, di banale e scontato, ma di una celebrazione musicale in cui due generi convivono con scambievole ossequio e in cui il giovane metal, con le sue doppie casse e i suoi ruggiti, supporta e qui ammira devoto l’anziana musica classica: la vera protagonista di una band che fatica ad essere definita tale e che meriterebbe, per maggior completezza, di essere chiamata orchestra. Un organico di preparati musicisti, ognuno col proprio strumento: la musica vera, diretta e eseguita, non campionata, riprodotta o sintetizzata.
Pianoforti soavi mormorano melodie delicate, accompagnate da una accattivante batteria;  violoncelli, archi e violini ci accarezzano a tratti con melodie morbide per poi scivolare verso sinfonie più veloci e incalzanti, esaltate da dure chitarre. Cori latini decantano sentimenti e inquietudini, mentre soprani femminili ci portano lontano, facendoci sospirare assieme a gentili fiati, che fischiettano saltellanti note barocche. Il tutto in un movimento organico ben assemblato, fluente nei cambi di tempo e melodia, ricco in dinamismi, dove ogni strumento, classico o moderno, trova il suo posto in armonia col collettivo. E in questo tripudio di nuovo e antico esplode il growl di Assis Nasseri, grottesco e vigoroso come nella migliore tradizione death!

Ed è l’eclettica mente di questo corpulento cantante che partorisce il progetto Haggard; un musicista che con questa originale proposta discografica suscitò allora (e tuttora) non poche polemiche tra gli amanti della tradizione metal e classica, creando perplessità e critiche fra i puristi di ambo le parti. E’ certamente un’idea azzardata, ma tra la dubbiosità generale non si può che ammettere il coraggio di una tale offerta musicale, in cui ogni definizione di genere è imperfetta a causa di una identità stilistica davvero variopinta e caleidoscopica. Medieval metal si etichettano ufficialmente gli Haggard e And Thou Shalt Trust… The Seer tra tutte le realizzazioni di questa band è sicuramente quella che gli si avvicina di più per rievocazione stilistica, rispetto invece ai dischi successivi, di registri decisamente più rinascimentali. Certamente, di medievale, vi è la rievocazione storica, qui presentata con testi precisi e molto ricercati, profondi nei contenuti e dall’aulica sintassi, che ben si adattano al background strumentale, sia quando a vibrar è l’ugola della soave voce lirica, sia quando a ruggire è il grugnito di Assis. Un disco difficile, da riascoltare più volte per gustarne e scoprirne le infinite sfumature e per apprezzarne appieno le qualità, spesso nascoste in passaggi che non si palesano alla prima analisi.

A scanso di equivoci però c’è da sottolineare che questo cd non è la prima realizzazione ufficiale: è la prima con l’identità tipica degli Haggard, ma la seconda in ordine cronologico. Il primo vero disco si chiama Progressive, uscito attorno alla prima metà degli anni novanta, semisconosciuto e dai registri totalmente diversi: assoli precisi, tempi scrupolosi, retrogusto prog (appunto) e linee melodiche death di nome e di fatto. Un altro pianeta, che di certo non lasciava presagire l’evoluzione negli Haggard che noi tutti oggi conosciamo.
Molte tracks di questo concept sono canzoni fisse nella scaletta dei live (imponenti per la mole di musicisti che affolla il palco) come The day as heaven wept, l’orchestrata opening-song dove un violino dipinge una morbida melodia e Dio parla in growl; In a pale moon shadow, dilatata nei tempi e profondamente introspettiva; De la morte noire, dove un pianoforte fraseggia con la chitarra elettrica; e Lost (Robin’s song), in assoluto un capolavoro di arpeggi e di delicatezza.

Rispetto ai successori, e parliamo dei colossi Awaking the Centuries e Eppur si muove, questo disco ne rappresenta le radici: è chiara la maturazione che ha attraversato la carriera di questo gruppo in cui Assis ha bilanciato sempre meglio i due generi, tentando di rimarcarne la dinamicità e le sfumature aggressive. Per questo And Thou Shalt Trust… The Seer risulta, al confronto delle successive realizzazioni, più immaturo: le chitarre suonano lontane, in sordina, i cori vibrano un po’ ovattati, gli incastri melodici risuonano a volte ancora acerbi e non di rado vi è una eccessiva lentezza nei tempi e nelle sinfonie, che spesso pretenderebbero di esplodere. Esplosione che arriverà però solo negli anni successivi, in altri concept che consacreranno il fenomeno Haggard!

“From high above the Lord silently watches and grieves
And sadness rises from his inner deep
“For Thou, My Son hath been crucified…”
All the Angels laid down their trumpets and cried…”

Marcello Labombarda

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Tracklist:
1. The day as heaven wept
2. Origin of a crystal soul
3. Requiem in D-Minor”
4. In a pale moon shadow
5. Cantus firmus in A-Minor
6. De la morte noire
7. Lost (Robin’s song)
8. A midnight gathering

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