Recensione: Angels in Blue

Di Francesco Sgrò - 23 Febbraio 2019 - 0:01
Angels in Blue
Band: Find Me
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2019
Nazione:
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79

Tanta passione e melodia in grande quantità, sono i principali ingredienti di “Angels In Blue”, terzogenito discografico confezionato ad arte dai Find Me: le figure principali dell’esperto sestetto scandinavo sono, come sempre, quella del cantante e fondatore Robert LeBlanc (Blanc Faces) e quella del batterista e produttore Daniel Flores (Issa, The Murder Of My Sweet).
Immediatamente notati sin dagli esordi da Frontiers Music, i Find Me hanno pubblicato per la label partenopea l’album di debutto, “Wings Of Love”, nel 2013, ed il successivo “Dark Angel” nel 2015. Il nuovo capitolo discografico giunge dunque come la diretta conseguenza di un rapporto ormai consolidato da anni: ecco quindi “Angels In Blue”, disco in uscita proprio in questi giorni.

Con una buona dose d’ispirazione, il cd si apre grazie alla potente “No Tears In Paradise”, opener dominata dal massiccio tappeto tastieristico orchestrato da Sören Kronquist ad accompagnare le melodie vocali condotte dalla cristallina voce del sempre impeccabile LeBlanc, protagonista di un refrain orecchiabile e di ottimo impatto.
Basi semplici e sicure, su cui potersi orientare con fiducia a garanzia di buoni risultati. Sulle medesime coordinate musicali, infatti, è costruita anche la seguente e piacevole “Chain Of Love”, abile nel dimostrare quanto la band sia a proprio agio nel creare melodie lineari ed efficaci, in grado di mantenere viva l’attenzione del fruitore attraverso quella che si rivela una ricetta affidabile e risolutiva.
La seguente “True Believer” rimane ancora agganciata con successo ad un corposo AOR di stampo totalmente anni ’80 ed ha nel ritornello arioso e potente la propria carta vincente.
Pur non apportando nulla di nuovo a quanto proposto finora, ben lungi dal codificare assolute rivoluzioni per il genere ed al riparo da invenzioni particolari, i Find Me incastonano poi una gemma come “Straight For Eternity”, che tanto sembra rievocare lo spirito dei migliori Toto (quelli di “The Seventh One”).
“Straight For Eternity” è poi seguita dalla schietta e diretta “Can’t Let Go”, rocciosa e potente quanto basta per mantenere l’album su livelli qualitativamente molto alti, seppur anche estremamente prevedibili. Una scelta forse voluta: squadra che vince non si cambia, e dopo aver ottenuto ottimi risultati, sarebbe stato davvero inutile mettersi alla ricerca di qualcosa che sarebbe stato percepito come fuori luogo o senza senso.

Echi dei migliori e classici Survivor sono assai percepibili nelle note della dolce “One Last Kiss”, imperniata sulla bella e sentita interpretazione di un LeBlanc sempre in prima linea.
L’Hard Rock più puro veleggia quindi sulle note della grintosa “Living A Lie”, la quale fa il paio con la piacevole title track, ancora una volta contraddistinta da un ritornello semplice ed efficace.
Anche nell’ultima parte dell’album, il gruppo prosegue con coerenza la sua corsa prima sulle note della fresca “Show Me What You’d Die For”, poi sulle corpose e sognanti melodie che caratterizzano l’essenza dell’orecchiabile “Waiting For A Lifetime”, traccia caratterizzata da un ritornello diretto, irresistibile ed in grado di catturare l’attenzione al primo ascolto.

Avvalendosi poi di sonorità che sembrano provenire direttamente dalla colonna sonora di “Rocky IV” (1985), quasi al termine dell’opera, i nostri tornano ad un sound più potente e massiccio con “You Are The Only One”: il finale è tuttavia a favore della melodia che domina sulla potenza nella non troppo esaltante ma comunque piacevole “Desperate Dreams”, preludio alla conclusiva e riuscita “Only The Only”, episodio in cui armonia ed energia coesistono in perfetto equilibrio.

Anche con il terzo episodio in carriera, i Find Me consegnano dunque al proprio pubblico un album ben confezionato e sicuramente appagante nel suo insieme.
Forse scarseggiano i momenti veramente memorabili, pur tuttavia una routine di buona levatura è sempre preferibile al grigiore della mediocrità. 
Lo stile è quello, il genere pure e la maniera di comporre anche: se sono piaciuti i due precedenti album, anche “Angels in Blue” non mancherà di convincere.

 

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