Recensione: Angels Wear Black
Arriva quattro anni dopo l’esordio, intitolato “Land of darkness”, il secondo album per i Black Abyss, quintetto dedito, nonostante il monicker che potrebbe far pensare ad un gruppo Death o Black Metal, ad un Power Metal oscuro e potente, tanto per dare un punto di riferimento direi che la loro proposta musicale si avvicina ai loro connazionali Brainstorm, con un tocco di Iced Earth qua e là.
La partenza è affidata a “Damnation”, canzone decisamente buona a livello musicale, con buoni arrangiamenti ed un atmosfera cupa davvero ben riuscita, peccato solo che il cantante Oliver Hornug non mi è parso molto convincente, fortunatamente il singer si rifà immediatamente con la seguente “Unholy War”, buon brano di Power tipicamente tedesco, senza quella patina “allegra” di gruppi tipo Helloween, peccato solo che il tutto risulti piuttosto banale e “già sentito”, comunque la canzone si lascia sentire piuttosto volentieri.
Purtroppo in tutto il disco sono pochi gli episodi davvero esaltanti, anche se bisogna ammettere che non ci sono grossi cali di tensione, la pecca è che molto di quello che si ascolta in questo “Angels Wear Black” è qualcosa di già sentito più volte.
Da segnalare, come brani che si elevano dalla media generale, “Shadows of the Past”, brano aperto da un oscuro arpeggio che ricorda molto da vicino certe cose dei già citati Iced Earth, così come tutto il brano d’altronde, che però risulta davvero avvincente grazie a delle linee vocali molto ben riuscite unite ad una potenza davvero notevole, “Pure Evil”, di sicuro il brano più violento del lotto, ai limiti del Thrash, che convince anche grazie all’aggressività sfoderata da Oliver alla voce, e soprattutto per la buona prestazione di Andreas Heidmann alla batteria, decisamente bravo a trovare soluzioni in grado di dare tiro alla canzone ma anche abbastanza varie per donare fluidità al tutto, e la conclusiva “When Angels Wear Black”, canzone davvero ben riuscita, nonostante l’eco degli Iron Maiden, soprattutto nel riff portante e durante gli assoli, sia davvero molto forte, la canzone è davvero molto ben studiata e coinvolgente.
Il resto dei brani scorre via senza lasciare grosse tracce, ne in positivo ne in negativo, il che non è proprio un punto a favore del gruppo, infatti nonostante l’impegno che la band indiscutibilmente ci mette le varie “Dark Legacy”, “Rebellion”, “I don’t Care”, “Messenger”, l’unico altro brano con vaghi accenni Thrash del disco, e “Time”, si lasciano ascoltare, come dicevo prima, senza grossi sussulti.
La produzione non mi è sembrata un granchè, visto che i suoni non sono ne particolarmente puliti e neanche potenti, sono soprattutto le chitarre ad uscirne molto penalizzate, infatti il suono delle due “ascie” di Stefan Roder e Harold Klenk risulta troppo piatto e cupo.
Tecnicamente la band non mette in mostra numeri particolari, anche se il batterista Andreas mi è parso decisamente un gradino sopra gli altri.
In conclusione posso solo dire che a mio parere i Black Abyss hanno confezionato un lavoro onesto, ma che purtroppo credo faticherà non poco ad imporsi in un mercato piuttosto saturo come quello attuale, soprattutto per via della scarsa personalità messa in mostra dal gruppo.