Recensione: Angelus Exuro Pro Eternus
Chi cercasse uno minimo cambiamento o una minima evoluzione nella musica dei Dark Funeral credo resterà alquanto deluso da questo disco. Chi invece, con più sensata lungimiranza, ha posto fiducia nell’oltranzismo musicale degli svedesi è stato ripagato con un ennesimo, eccellente, disco dalla nere tinte riscaldate ed illuminate da monumentali lingue di fuoco provenienti dagli abissi più reconditi dell’inferno.
Il combo svedese è in forma smagliante e lo dimostra con un disco che, pur non essendo un capolavoro assoluto, può degnamente competere con gli illustri predecessori e con buona parte delle vette del black metal odierno.
Poco inclini al mercimonio e alla prostituzione artistica ed intellettuale, i Dark Funeral continuano a suonare con la devastante irruenza degli esordi incidendo a lettere roventi questo Angelus Exuro Pro Eternus sulla pelle dell’ascoltatore con il consueto marchio di fabbrica: riff micidiali, una sezione ritmica che si può tranquillamente misurare in gradi della scala Richter e un frontman capace di modulare timbro ed estensione vocale in maniera davvero superlativa. Sconsigliato – come sempre – ai deboli di cuore, il disco ha in sè tutti i canoni interpretativi più ricercati in questa ondata di nuove sonorità black: le produzioni marce ed approssimative lasciano spazio a suoni ben ponderati in cui spicca l’incredibile lavoro alle pelli di Dominator, instancabile macchina da guerra e protagonista assoluto con il suo dottrinale blast beat. Sporadici rallentamenti di ritmo, oscuri e claustrofobici, danno all’opera un ulteriore alone di disperazione e di catastrofismo, riassunto senza troppi preamboli nell’opener “The end of human race”.
“A time lost to the pestilent horrors of a new demonic age
Impaled atop the monument the tortured will burn
Forever…”
L’atmosfera creata, l’essere catapultati in un incubo da cui sembra impossibile risvegliarsi, in cui l’unico spiraglio di luce è dato una flebile ed insicura luce di una pallida e gelida luna, rendono questo lavoro un mirabile esempio di come potrebbe risultare l’inferno a chi anela di varcarne le porte.
L’ascoltatore viene violentemente trascinato nel mondo mitologia rumena e delle Strigoi – le streghe delle credenze popolari che, se sono morte, possono essere considerate delle vampire a tutti gli effetti – con “The Birth Of The Vampiir”, claustrofobico risveglio di un’anima dannata che prende atto della sua nuova condizione di non morto alla spasmodica ricerca di sangue per placare i morsi della fame.
Il disco prosegue nel suo incedere violento e sicuro senza il minimo cedimento: “My Funeral” è una chicca di nera violenza nella quale la descrizione del funerale viene fatta in prima persona dall’essenza umana pronta alla battaglia con angeli e demoni. Un tocco di oscura poesia che certo eleva ancora di più il livello qualitativo del disco.
L’omaggio all’angelo caduto si fa celebrazione nella title track “Angelus Exuro pro Eternus” e nella seguente “Demons of Five”, brani che sottolineano una volta di più il forte legame spirituale che unisce la band con il signore degli inferi. Il cristianesimo, tanto osteggiato e deriso, viene colpito una volta di più in “Declaration of Hate”, dichiarazione di odio senza fine verso l’umanità e la genìa cristiana portatrice di falsi ideali di giustizia e carità unite a una colpevole e immobile debolezza. A dire il vero, il tutto si risolve in una lunga sfilza di insulti verso i figli di Cristo, rappresentati come degli arrendevoli imbelli che predicano in un mondo di miserie e privazioni castranti a cui, spesso, non sanno far fronte.
Niente di nuovo insomma, condivisibile o meno il discorso potrebbe essere affrontato in maniera più “propositiva” potrebbe obiettare qualcuno: in effetti gli insulti fini a se stessi possono risultare sterili invettive, ma qui si parla dei Dark Funeral e pretendere che gli svedesi passino a linee morbide o ad argomentazioni meno demagogiche e brutali sarebbe come chiedere a una quercia di fare i limoni…
Lo schiacciasassi continua a triturare tutto lungo il suo inesorabile incedere fino alla conclusiva “My Latex Queen” omaggio alle gotiche dominatrici di lucida oscurità.
Nient’altro da aggiungere: Lord Ahriman e soci hanno dato vita ad un ennesimo successo che va ad aggiungersi alla discografia di quelli che ritengo trà i più intransigenti e longevi rappresentanti del black metal moderno.
Oggi come ieri, il marchio Dark Funeral è sinonimo di rispetto verso il proprio individualismo e verso la strada intrapresa; qualità che, lasciatemelo dire, trovo sempre meno frequente nell’opportunistico mondo moderno.
Daniele Peluso
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Tracklist:
01. The End Of Human Race
02. The Birth Of The Vampiir
03. Stigmata
04. My Funeral
05. Angelus Exuro pro Eternus
06. Demons of Five
07. Declaration of Hate
08. In My Dreams
09. My Latex Queen