Recensione: Angling Feelings
Disco articolato questo nono full-length della progressive rock band svedese Kaipa. Articolato perché, sebbene Angling Feelings cerchi di conservare tutto lo spirito dell’apparente semplicità e del calore del progressive old style, dà altresì l’idea (nemmeno molto spiccia) di una musica che respira con difficoltà, di una musica oppressa da passaggi e break troppo prolissi che sfumano le delicate strutture che hanno fatto la fortuna dei memorabili maestri ispiratori, Genesis su tutti.
Ci avevano lasciati con l’ultimo full-length Nattdjurstid del 1982 e li abbiamo ritrovati risorti dalle loro ceneri vent’anni dopo, nel 2002. Certo, c’era ancora Roine Stolt dei The Flower Kings e forse è questo l’ingrediente mancante per un ottimo prodotto da gustare. Fatto sta che ora, per mano del mastermind tastierista e singer Hans Lundin ed, ingaggiato nei ranghi di line-up Per Nilsson degli Scar Simmetry, li troviamo alle prese con Angling Feelings e quelle mani devono aver lavorato davvero parecchio, forse troppo.
Il songwriting qui adottato è, come già detto, movimentato da un rigido approccio progressive alternato a componenti elastiche più dilatate che, non di rado, si adagiano su leggeri movimenti di fiati e piano che sanno di folk nordico. A questo eravamo d’altronde già in parte abituati con Mindrevolutions del 2005 (lavoro di certo più vincente). Dopo 5 anni di continui passi in avanti certo non mi sarei aspettato questo.
Con Angling Feelings è stato fatto il passo più lungo della gamba che, non solo ha portato fuori strada il romantico ondeggiare del loro carro musicale, ma ne ha anche messo in ombra i colori armonici che hanno contraddistinto gli andamenti compositivi passati. Vediamo nel particolare i perché.
Il problema è una struttura compositiva di difficile presa. Nel complesso le canzoni tendono a risultare indeterminate, con un riffing che si scavalca continuamente nei momenti più importanti e significativi. Quel che se ne determina è un risultato che poco stimola la componente emotiva tanto più se si considera che, tale modus componendi, si spalma per più di un’ora su dieci canzoni. La concezione dei brani è aperta e dispersiva e questo comporta un sorta di anonimato musicale.
Un disco senza capo né coda quindi. Da qualunque punto lo prendiate dà di sè una luce costante ed tediosa, nessun chiaro scuro che sappia rilassare la godibilità del panorama musicale qui espresso. Niente. E’ tutto così tecnico, progressivo sì, ma poco spontaneo. Una tiepida musica che lascia molto amaro in bocca e, sebbene qualche giocoso capitolo sia in grado di sostenere la baracca (The Glorious Silence Within e The Fleeting Existence of Time: sognante alla The Flower Kings la prima, di coordinate strutture tecniche la seconda), per gli altri sono spiacente di non poter dire altrettanto. In conclusione un disco quasi sufficiente, poco atto a lasciare graziosi segni indelebili sulla tela che rappresenta la scena new/progressive rock attuale.
Un vero peccato aver lasciato correre troppo i tecnicismi perché di idee e buoni intenti ce ne erano in abbondanza. Spesso lo strafare porta a questo, se si parla poi di prog il livello di “pericolosità” sale esponenzialmente.
E’ sempre il solito discorso: chi ha i mezzi deve investirli bene anche se è difficile limitare se stessi quando si è capaci. Bravo è chi colpisce al cuore, abilità tecnica o no, non basta una magica copertina per rendere magico un album, e qui si sogna troppo poco. Alla prossima.
Nicola “nik76” Furlan
Tracklist:
01 Angling Feelings
02 The Glorious Silence Within
03 The Fleeting Existence of Time
04 Pulsation
05 Liquid Holes in The Sky
06 Solitary Pathway
07 Broken Chords
08 Path of Humbleness
09 Where’s the Captain?
10 This Ship of Life
