Recensione: Angry Machines
Identificare la carriera solista di“ Ronnie James Dio, con i soli “Holy Diver”, “ Dream Evil” e “The Last In Line” è, a mio avviso, un grave errore, che non bisognerebbe mai commettere. In primis perché trattasi di un vero e proprio genio, e come tale, la sua vena artistica e compositiva in particolare, è costantemente in evoluzione, in secundis perché un musicista che abbia avuto nella sua carriera un picco d’ ispirazione di soli 3 o 4 anni, non può aver raggiunto la fama e il successo che, invece, sono toccati al frontman originario del “New Hampshire”. La produzione solista di RJ Dio, infatti, è molto vasta ed annovera, come già detto, indiscussi capolavori che, di diritto, sono entrati a far parte della storia dell’ Heavy Metal. La sua arte non si è però fermata solo a questi 3 masterpieces: ci ha regalato inoltre una serie di ottimi lavori, che però, la maggior parte degli appassionati tende, non si sa bene per quale motivo, ad accantonare; vi cito, fra i tanti, “Sacred Heart”, “Lock Up The Wolves” e “Angry Machines”. Ed è proprio di questo platter che andremo ad occuparci in questa recensione.
“Angry Machines” rappresenta dunque, considerato il periodo in cui esso fu rilasciato, una buona conferma a quanto di buono visto in “Strange Highways”, disco che già di per sé era stato centrale, nella carriera della band solista di Dio, poiché si trattava infatti, dell’ album del ritorno alla composizione solista, a fronte della seconda dipartita dai Black Sabbath ( avvenuta nel tardo 1992 ). Quindi il disco che avrebbe seguito il già attesissimo “Strange Highways”, sarebbe stato anch’esso oggetto di curiosità, da parte dei veri appassionati del singer di Portsmouth. Non fatico a collocare “Angry Machines” in posizione centrale, nella megalitica discografia del singer statunitense, anche perché vedrà l’introduzione, nella già consolidata line up proveniente da “Strange Highways”, di Scott Warren alle tastiere. La peculiarità che salta subito all’ occhio, anzi all’ orecchio, è sicuramente il mutamento artistico e compositivo che la band ha voluto portare in questo “Angry Machines”, con delle sonorità molto più grezze e potenti, non abbandonando comunque certi stilemi che prevedevano una pulizia di esecuzione che, anche in questo lavoro, viene rispettata in pieno, fornendo un miscuglio fra tecnica e rozzezza, che fa di esso una release veramente particolare. Ma ciò da cui sono rimasto maggiormente stupito è la facilità con cui Dio si allontanò dalle carissime ambientazioni fantasy, che avevano caratterizzato la sua precedente carriera, incentrando i pezzi di questo “Angry Machines”, su temi più classici e scontati, scadendo quindi un po’, sotto il punto di vista delle liriche, che ovviamente perderanno tutto il fascino che le incredibili storie inventate dal genio di Ronnie James avevano saputo regalare e regalarci.
Il disco si apre con un pezzo, “Institutional Man”, che inizia con un ritmo cadenzato da delle battute di Vinnie Appice alla batteria e che continuerà poi incedendo in mid tempo rispettando i canoni del classico stile Dio. Una parola bisogna senza dubbio spenderla per il riff centrale e strutturale del pezzo, che ci mostra come e soprattutto quanto, Dio abbia voluto dare una sferzata di novità al suo sound: un riff incalzante, molto cupo ed allo stesso tempo divertente: nel complesso, ben fatto.
Il secondo pezzo del platter è, “Don’t Tell The Kids”: anch’esso può fare da riprova a quanto detto in precedenza: i Dio effettivamente avevano deciso per questo disco, di mostrare al loro pubblico di essere in grado di “mostrare i denti” e dedicarsi ad un Heavy Metal che, sebbene a livello di ritmica rimanga più o meno invariato con i precedenti lavori, si avvicini in maniera veemente al “cugino” Power Metal, che in quel periodo stava andando per la maggiore. La migliore traccia del disco è, certamente, “Hunter Of The Heart”, song che possiede in sé tutta la carica ed il carisma di un motivatissimo Ronnie James Dio, carica però che tenderà in parte a scemare nell’ ultima parte del disco. “Hunter Of The Heart” però, è una vera perla: un concentrato di tecnica canora, di colpi di cassa e di riffs agghiccianti: non a caso sarà l’unico pezzo, insieme a “Double Monday”, che la band ricorderà nel live: “Dio’s Inferno: The Last In Live”, rilasciato nel 1998.
Purtroppo, come detto, la seconda parte del lavoro non rende onore alla prima, se si eccettua l’ottima “Double Monday”. Una serie di pezzi, tutti molto simili l’uno all’ altro, caratterizzano il finale di “Angry Machines”, specialmente “Stay Out Of My Mind” e “Golden Rules”, rappresentano la più bassa espressione musicale della band fino a quel momento ( ricordo che ci troviamo nel 1996 ).
L’ultima song della tracklist invece, “This Is Your Life”, è un inno alla grandezza di Ronnie James Dio, una conclusione quanto mai azzeccata ed inaspettata, per questo disco: un lento strappalacrime, cantato con grande trasporto ed enfasi da Ronnie, che si destreggia in acuti ed evoluzioni melodiche commoventi. I grandi cantanti possiedono qualcosa più degli altri, e quel qualcosa è proprio questo: una grandissima duttilità ed una grande capacità di stupire e di emozionare, anche al di fuori della loro “sfera d’interesse”. Ronie James è maestro in tutto ciò, e senza dubbio questo pezzo è il giusto tributo ad una delle migliori corde vocali della storia del hard rock e dell’ Heavy Metal degli ultimi venticinque anni.
“Angry Machines” non è di certo un grandissimo disco ma, senza alcun dubbio, la carriera e la fama che Ronnie James Dio ha raggiunto nel corso degli anni, sono passati anche per di qua. E’ dunque giusto rendere onore ad un disco che, tutto sommato, ha certamente offerto delle prestazioni ampiamente migliorabili, ma annovera anche pezzi di pregevole fattura, che saranno per sempre ricordati come facenti parte, di diritto, della storia di questo indimenticabile singer.
Daniele “The Dark Alcatraz” Cecchini.
LINE UP:.
Ronnie James Dio – Vocals.
Vinnie Appice – Drums.
Jeff Pilson – Bass.
Tracy G – Giutars.
Scott Warren – Keyboards.
TRACKLIST.
1. Institutional Man
2. Don’t Tell The Kids
3. Black
4. Hunter Of The Heart
5. Stay Out Of My Mind
6. Big Sister
7. Double Monday
8. Golden Rules
9. Dying America
10. This Is Your Life