Recensione: Anima
“Anima”. Sesto disco per i Noumena, consolidata realtà del metal estremo nordeuropeo. Come suggerisce il titolo, a suggello di una carriera volta al lato più introspettivo di ciò che si percepisce con i cinque sensi.
Noumena, affrancati al melodic death metal ma, a onor del vero, appartenenti a una ben più vasta pletora di generi musicali. Come il gothic (quello degli anni novanta, però, e non è un caso che essi siano nati nel 1998), il folk, il doom, e, ultimo ma non ultimo, il power.
Definizioni che, come sempre, lasciano il tempo che trovano, poiché la band finlandese esprime le sue idee mediante uno stile del tutto personale. Uno stile che, con il passare del tempo, si è evoluto in una forma molto ben definita in tutti i suoi particolari estetici e sostanziali, arrivando quindi a manifestare un qualcosa di unico, indicativo con naturalezza della sua natura estetica ed emotiva.
I Nostri, difatti, non si accontentano certamente di creare musica per scivolare sul pelle senza lasciare traccia. Al contrario, affondano nel cuore per identificarne i singulti più significativi. I quali, come ben si sa, non sono accostabili a sentimenti fallaci quali gioia e felicità ma bensì a dolci carezze malinconiche. Del resto gli act provenienti dal paese scandinavo sono forse i migliori interpreti dello strato più profondo dell’animo umano, per cui non si tratta di una novità in senso assoluto.
“Anima” è un’opera che abbraccia un’ora di musica. Musica mai banale che, pertanto, necessita di molta attenzione e concentrazione per poter essere assimilata nella sua nostalgica interezza.
Nemmeno banale nella composizione del gruppo, dotato di due cantanti (Antti Haapanen per il growling; Suvi Uura per le female clean vocals) e tre chitarristi (Markus Hirvonen, Ville Lamminaho, anche mandolino, e Tuukka Tuomela) i quali contribuiscono – perlomeno i primi due – alla bisogna con altrettanti inserti di voce pulita. Oltre, naturalmente, alla sezione ritmica (Hannu Savolainen, basso e Ilkka Unnbom, batteria).
La soluzione della siffatta coppia di frontman non è certo una una pensata esclusiva, tuttavia è necessario evidenziare che essa è assolutamente perfetta sia nelle sovrapposizioni, sia nelle singole linee vocali, sia nei tempi d’intervento. Con che, risultando sempre interessante e piacevole da mettere a memoria. Come nei stupendi chorus della melodica ‘Ajaton’, ove si odono, pure, le voci pulite dei chitarristi per una completezza, questa sì, piuttosto rara da trovare in giro.
Di alto livello il songwriting, foriero di innumerevoli passaggi da gustare a poco a poco per assorbirne l’essenza, gigantesco nel creare canzoni enormi, ricchissime di finissimi ceselli da osservare nella loro fulgida bellezza romantica. Le quali, anche se passate al vaglio decine di volte, non portano mai alla noia. Nel magico viaggio da ‘Kaiku’ a ‘Joutsen’ – in cui non c’è mai alcun calo di tensione – emergono picchi d’incomparabile musicalità, come la ridetta ‘Ajaton’ e la title-track. Ma, soprattutto, ‘Totuus’, il capolavoro. Una suite potente, articolata, dall’andamento struggente, tale da indurre a immaginare i mille laghi della terra natìa del combo di Ähtäri in cui affogare, travolti dal male di vivere. Una composizione elaborata e studiata approfonditamente che, però, si dipana con semplicità e immediatezza mediante l’inserimento di passaggi in growling d’incommensurabile lirismo e meravigliosa armonicità.
Benché “Anima” sia un lavoro corposo e dagli infiniti riflessi, è un qualcosa che abbraccia il metal nel suo complesso, essendo adatto a tutti. I Noumena hanno infinite frecce, nel loro arco, e le sanno lanciare con mirabile talento. Imperdibile.
Daniele “dani66” D’Adamo