Recensione: Animals As Leaders
Dobbiamo ringraziare infinitamente i lungimiranti dipendenti dell’etichetta Prosthetic Records che, un fatidico giorno di una decina di anni fa, ebbero la profetica illuminazione di proporre a un promettente e ultra talentuoso chitarrista di una loro band metalcore di nicchia (Reflux), di dare vita a un progetto solista. Tosin Abasi inizialmente rifiutò, ma dopo un paio d’anni, complici alcuni coincidenti e propizi eventi, pensò di ritornare sui suoi passi accettando la vecchia proposta: nel 2007 nascono gli Animals As Leaders.
Il giovane chitarrista si mise presto al lavoro e, nel 2008, completò il primo disco di questa nuova avventura, l’omonimo “Animals As Leaders” (che avrebbe visto la luce l’anno seguente).
Fiondiamoci ora senza ulteriori esitazioni, alla scoperta di questo album che è piombato a piedi pari sul mercato musicale mondiale, come un fulmine a ciel sereno dall’impatto devastante e indelebile.
Bastano pochi secondi dell’esordiente “Tempting Time” per capire che ci troviamo di fronte a qualcosa di nuovo e grandioso. Un tapping in pulito, base sintetizzata elettronica e tempi dispari introducono la prima song del platter. L’accordatura ribassata, unita al contesto sonoro generale, ci catapulta in un’atmosfera senza tempo che lascia trasparire un certo senso di mistero. Ben presto il maestro delle otto corde (in questo caso), Tosin Abasi comincia a distribuire preziosismi tecnici di ogni tipo andando a completare un tappeto sonoro bello pieno e articolato. Variazioni di mood alternano sezioni heavy, virtuosistiche e distorte, con altre raffinate, lievi e quasi acustiche. Tapping ultra terreni si susseguono in una cascata di note quasi dissonanti, mentre la batteria di Mansoor detta tempi ricercati e aggroviglianti.
La seconda traccia, “Soraya”, conferma lo stile identificatore della precedente. Tapping e arpeggi di chitarra in canale pulito generano una base sonora dal sapore quasi barocco. Un tema molto melodico ci accompagna per gran parte del pezzo, svisando di quando in quando in soli e fill complessi e tecnicamente avanzati.
“Thoroughly At Home” è uno degli emblemi del cd. Il sound pesante che ci accoglie a inizio brano tradisce il background artistico del nostro leader, mentre i tempi dispari articolati sono coerenti con la nuova proposta della band. Ben presto questi si inaspriscono maggiormente, avvolgendoci in una ragnatela ritmica dalla quale è impossibile districarsi. Un altro break più atmosferico precede la tipica sfuriata prog, marchio di fabbrica della band. Cambi di tempo continui e un drumming corposo, continuano ad accompagnarci in questo mistico viaggio fino alla conclusione del brano.
“On Impulse” ricomincia subito a farci sognare esibendo un contesto interpretativo mai sentito prima. I suoni caldi derivati dai soliti tapping e arpeggi di chitarra in pulito ci accarezzano i sensi. Un improvviso “mood switch” ci teletrasporta in una situazione avvolta da un alone di mistero e inquietudine. Il suono si fa più corposo e pesante mentre l’arpeggio continua ostinato la sua corsa, parallelamente supportato da un drumming solidamente architettato. Alcuni rallentamenti tempistici conditi da calde armonie della otto corde di Tosin, compaiono fulmineamente, inondando l’unicum sonoro di atmosfera e riflessione. La parte solistica, ancora una volta, ci lascia senza fiato: ogni scelta è frutto di massima ispirazione e contribuisce a farci levitare e fluttuare in una dimensione a metà tra il tangibile e l’onirico.
La quinta traccia è un impetuoso intermezzo che fa da ponte tra la quarta e la successiva sesta fatica: ancora una volta il canale scelto è quello più naturale del pulito, i tempi dispari sono arricchiti da accordi ricercati che formano una vera e propria “Tessitura” di note (il titolo non potrebbe essere più azzeccato). La sensazione generale è sempre un po’ divisa tra stupore e inquietudine.
“Behaving Badly” è destinata a diventare una delle preferite dai fans di questa incredibile band, in quanto possiede tutti tratti distintivi di quanto propone il duetto americano, portati a livelli altissimi.
Un fade in ci presenta la canzone con l’intento di cullarci e farci acclimatare a questa trasportante esperienza sensoriale. Ben presto, il solito arpeggio malato e intimidatore ci accoglie in un piccolo crescendo di intensità, accompagnato all’unisono dal basso. Come se non bastasse, Tosin vuole dare ulteriore prova del suo genio, inventandosi un arpeggio alternato corroborato da un mini-sweep a fare da connessione tra le varie battute. Tra tempi dispari e altri arpeggi riempitivi a dovere il brano scorre fino alla conclusione, lasciandoci un po’ comprensibilmente disarmati.
“The Price Of Everything And The Value Of Nothing” continua a sfruttare l’ormai consolidato trand di scelte musicali ed espressive della band, alla quale si può imputare, forse, solo un minimo di ripetitività. Comunque, tra tempi intricati, arpeggi seducenti e un drumming intenso il pezzo scorre che è una meraviglia fino agli assoli di chitarra. Un po’ di melodie più classiche, rafforzate da un paio di shreddate non male, ci ricordano che abbiamo comunque a che fare con artisti che probabilmente appartengono al genere umano, anche se i dubbi di trovarci di fronte a esseri provenienti da altri pianeti è assolutamente lecito. Sul finale della canzone, si inserisce anche una campionatura elettronica veramente riuscita a dare quel tocco di extraterritoriale che funge da ciliegina sulla torta.
Se quanto sentito finora ha incontrato il vostro gusto e vi sentite colmi di gioia per la scoperta di questa nuova identità musicale, il pezzo che segue vi farà perdere la testa: “Cafo” è il non-plus-ultra della proposta di Tosin & Co., una lussuriosa orgia di tempi dispari, un travolgente tsunami di tutto quello che ci ha affascinato nel sound di questa incredibile band. Sweep fantascientifici, incalzati da un drumming pieno e devastante ci danno l’impressione di un’incipit in medias res. Ben presto un ulteriore switch ci riporta all’ormai caro suono semiacustico, prefetto per un riff malato in tapping e per dar risalto al suono caldo delle pelli di Mr. Mansoon. Il basso segue l’impiantito sonoro creato da tanta maestria e contribuisce a riempire maggiormente il suono. Improvvisamente irrompe un’aspra distorsione, volutamente contrastante con l’approccio iniziale al brano. Si ripassa dunque al distorto, Tosin estrae dal cilindro un altro tapping dei suoi, capace di costituire, al contempo, ossatura ritmica e peculiarità solistiche. Un break acustico precede poi il vero e proprio solo, molto melodico nonostante la complessa struttura del brano potrebbe portare al mero estremismo tecnico. Suoni pesanti continuano ad accompagnare le varie scorribande chitarristiche del nostro axeman preferito. Un riff veramente “storto” ricompare conducendoci al finale in dissolvenza di questo pezzo perfetto.
“Inamorata” porta avanti il filo conduttore rappresentato dalla complessità metrica e tempistica. Il sound, distorto per gran parte del pezzo, è di stampo più dark/heavy. La solita ricchissima gamma di soluzioni tecnico-compositive rendono ancora una volta al meglio: arpeggi, tapping, alternata, sweep e ritmiche gravi e brutali, lick con diteggiature al limite dell’umano, si compattano in uno stile unico e ulteriormente consolidato. Un’altra canzone che vi lascerà a bocca aperta.
“Point To Point” rappresenta una piccola rarità nell’economia dell’album, i suoi due minuti scarsi infatti servono da collante tra la precedente song e le ultime due che concluderanno il lavoro. Un’atmosfera calda e avvolgente viene resa perfettamente da un articolato arpeggio semiacustico rafforzato, di quando in quando, da un accompagnamento elettrico dalla distorsione quasi doom in background. Il tutto scorre che è una meraviglia.
Rimanendo in un mood acustico quasi sambeggiante, arriviamo alla malinconica “Modern Meat”. Affidata solamente a un bel suono, nitido e pulito di chitarra acustica, si presenta assai più semplice e accessibile al grande pubblico delle precedenti incisioni. Un brano che ha un quid narrativo e descrittivo molto intenso, sembra di trovarsi al cospetto della proverbiale quiete prima della tempesta.
Effettivamente, l’ultima traccia del cd, “Song Of Solomon”, fa un passo indietro e ritorna agli stilemi tanto cari ai nostri Animals. Riffettone acustico quasi metallico per l’evidente spiccare dei toni alti, ci mette immediatamente sul chi va la, si inserisce poi il resto del tappeto sonoro che fa da preludio a un breve fraseggio classicheggiante in alternate picking stoppato. Si prosegue con un l’introduzione di un nuovo tema rappresentato da uno string-skipping incastrato alla perfezione nel contesto generale. Un piccolo stacco costituito da un segmento di hammer-on e pull-off fungono da ponte per il ritorno al suono distorto, il quale porta con se riff metricamente ardui ma incredibilmente coinvolgenti. Il solo, condito da semplici slide alternati a sweep e lick in alternate picking non altrettanto semplici, non fa che ribadire quanto già assodato fin qui riguardo l’immenso talento insito nel leader di questa band. L’impatto sonoro è da pelle d’oca, complici alcune linee di basso all’unisono con la 8 corde del buon Tosin e un corposo quanto virtuosistico riempimento sonoro dato dal sublime Mansoor. Non si poteva sperare conclusione migliore per questo ambizioso debutto in studio.
Tirando le somme, è presto chiaro che ci troviamo dinanzi alla nascita di un nuovo capitolo della musica moderna o, se vogliamo, dell’aggiunta di una sfumatura pressoché inesistente nella vasta gamma cromatica del progressive. Il genio del ventiseienne guitar guru è sovrastante e raramente abbiamo assistito (e probabilmente assisteremo in futuro) ad un suono così compatto, preciso e omogeneo nelle release di questo filone musicale. Se vogliamo, l’unico appunto che si può fare a tali artisti, è che probabilmente il loro stile tende ad eccedere un po’ in ripetitività. Ma si tratta di voler cercare un pelo di gallina in un uovo di struzzo. In conclusione, in un mondo che sembrava ormai aver raggiunto un certo stallo compositivo e di originalità, la nascita degli Animals As Leaders porta una ventata di aria fresca e soprattutto, si spera, un fiume di album negli anni a venire. Se sapranno evolversi ulteriormente, poi, potremmo veramente gridare al miracolo. Ai posteri l’ardua sentenza.