Recensione: Annihilation
Fondati nel 2010 e con all’attivo soltanto 3 demo e il recente singolo I Believe In Misanthropy pubblicato a fine ottobre di quest’anno, sembra che i finlandesi Plaguebreeder abbiano finalmente trovato quella stabilità che potrebbe infine portarli sul vero e proprio debutto ufficiale. Del resto, questo EP intitolato Annihilation funge da flusso catalizzatore e lascia presagire che nel corso del prossimo anno potremmo avere ancora più materiale e ci auspichiamo quindi un prodotto completo, anche per quanto riguarda il minutaggio.
Il trittico mantiene Ardeath alla postazione di comando, il quale si fa carico di songwriting, basso e voce, mentre alla batteria abbiamo Kalmisto, anch’egli nelle fila dal 2010. Klaath si è invece aggiunto nel 2016, completando una lineup che si appresta a spalancare i cancelli della distruzione e assalirci nella più totale misantropia, urlando di catastrofi e olocausti nucleari nel modo che più si conviene a questo tipo di tematiche. Giusto un minuto introduttivo trascinato da una suspense definitivamente deflagrata.
“FIRE”
L’aggressività iniziale dei Plaguebreeder è improvvisa e anche se ci saremmo aspettati una violenza inaudita, sembra che Ardeath e soci abbiano sempre qualche asso nella manica da poter calare e rendere ogni singolo brano estremamente interessante. Lo si percepisce già dalla prima vera e propria traccia – The Root Of Extinction – dove fa subito capolino un background simil-sinfonico che senza risultare troppo invasivo dona pomposità e accentua l’alone di oscurità che si abbatte sull’ignaro ascoltatore. È il momento del singolo I Believe In Misanthropy, una galoppata dove la voce assume toni meno gravi e rimbalza tra attimi più brutali ad altri che mi portano subito alla mente i primi Carach Angren e la loro affascinante teatralità. Con appena due canzoni ci rendiamo conto che i Plaguebreeder saranno pure una delle tante nuove realtà in ambito black metal, eppure riescono a portare qualcosa di personale fuori dalle fredde terre finniche. Lo fanno con ferocia e violenza, ma con un songwriting maturo e dannatamente vario, attingendo da soluzioni mai scontate ed evolvendo la propria misantropia grazie ad un sound sporco quanto basta, ma che non perde per strada la qualità necessaria a valorizzare il notevole ensemble strumentale che accompagna Ardeath e soci, neppure nella lunga e conclusiva The Arrival Of Fire. Non resta che la prova definitiva e far centro con un disco di debutto che rispecchi quanto di buono mietuto fino ad ora. Il 2021 promette bene.