Recensione: Anomaly
Passaporto Svedese ma fautori di un sound che si avvicina nettamente alla
scuola new-thrash americana portata alla ribalta dai Machine Head, i The Defaced
esordiscono nell’anno 2001 con il full-length Domination Commence. La line up del gruppo vede inizialmente l’inserimento di elementi provenienti da diverse band di
spicco del panorama musicale svedese, tra i quali Klas Ideberg (Darkane,
Terror
2000), Jörgen Löfberg (Darkane) ed Henry Ranta (Soilwork). Dopo la pubblicazione
del secondo studio album, Karma In Black e alcuni cambiamenti in
formazione tra i quali l’abbandono del cantante Henrik Sjiowall, sostituito da
Jens Broman (Construcdead,
Hatelight, Darkane), i cinque svedesi arrivano a tagliare il traguardo del terzo
disco con Anomaly.
Con questo nuovo disco i The Defaced non ci presentano solo uno
stravolgimento della formazione, oltre ai membri anche il sound della band è
riuscito in qualche modo a maturare e ad evolversi. Se nei precedenti lavori si
poteva notare una netta somiglianza con i già citati Machine Head, sopratutto per
quanto riguarda la componente più violenta delle partiture, con Anomaly ci
troviamo di fronte a un songwriting nettamente più ragionato che mette da parte
(con la dovuta cura) l’aggressività per lasciare largo spazio alla melodia.
L’inizio non lascia presagire alcun dubbio, la band svedese riparte da dove si
era fermata con il precedente Karma In Black: velocità sempre in primo
piano, ma in questo caso condita da una maggiore componente melodica, sopratutto
quando la voce dell’ottimo Jens Broman si lascia andare su ritornelli semplici
ma non troppo banali che si stampano subito in mente. Uno dopo l’altro si susseguono i colpi sprigionati da una sezione ritmica impeccabile che non si limita solo a sostenere il lavoro delle chitarre, sempre in primo piano con un riffing violento capace di abbattere qualunque barriera, ma riesce a rendere tutte le tracce dinamiche e mai troppo scontate grazie a continui cambi di tempo atti a smorzare leggermente tutta la tensione che viene a crearsi con i primi tre brani. Se la ferocissima Blood Of
Emeralds continua ancora (seppur in modo meno netto) a strizzare l’occhio alle
produzioni dei Machine Head (sopratutto del periodo di Burn My Eyes), già con la successiva
In Solitude Entwined le carte
cominciano a rimescolarsi facendo fuoriuscire il lato più melodico e ragionato
dei cinque svedesi con una serie di riff che virano su territori più hard rock:
in questo caso i tempi si fanno meno sostenuti e le partiture diventano ancora più elaborate
e imprevedibili mettendo in risalto le ottime capacità tecniche dei singoli
componenti. Echi di Machine Head che tornano a farsi sentire nella splendida
Circle VIII, per poi scomparire definitivamente quando arriva il turno delle
più ambigue Renewal Defined e The Fundamental Human Neurosis: due ballad sognanti e introspettive che si adagiano essenzialmente su arpeggi di chitarra
semplici e delicati.
In definitiva, Anomaly è un chiaro segno dell’evoluzione di una
band che ha dalla sua parte buone (seppur non originalissime) idee in fase di
composizione e una tecnica d’alti livelli per quanto riguarda l’esecuzione dei
brani. Nulla di altamente innovativo, sia ben chiaro, ma non per questo meno
interessante. Se da una parte abbiamo una proposta musicale che non fa gridare
al miracolo, dall’altra ci troviamo di fronte a un disco ben prodotto, suonato
in maniera eccellente e che si lascia ascoltare tranquillamente.
Angelo ‘KK’ D’Acunto
Tracklist:
01 Remaining Eternal
02 Flame To Life
03 Blood Of Emeralds
04 In Solitude Entwined
05 The Perfect Shame
06 Circle VIII
07 Renewal Defined
08 Imprisoned Insolence
09 Turn to Incomplete
10 The Fundamental Human Neurosis
11 The Test