Recensione: Another Time and Place
Quando si parla di AOR, va da sé, parole come “originale”, “insolito”, “strambo”, “anomalo” o “bizzarro” sono totalmente bandite.
In un genere fondato su canoni ultra consolidati e stabili, fissati nel tempo e sempre fedeli a loro stessi, non servono a nulla. Anzi, qualora rintracciabili in qualche forma, alimentano solo sospetti e conducono ad altri lidi.
Non è AOR. È qualcos’altro.
Una logica che Gianluca Firmo deve aver imparato a memoria.
Non servono rivoluzioni. Le parole chiave sono “melodia”, “classe”, “eleganza” e “ricercatezza”. Elementi cardine che, uniti al buon gusto, ad un istintivo senso per l’easy listening ed a suoni “rotondi”, calorosi e vividi, possono determinare in modo risolutivo il buon successo di un album di rock “adulto”.
C’è chi ci prova, offrendo un disco dignitoso ma nulla più, di quelli che passano e si dimenticano in breve tempo. E c’è chi lo stile ed il talento ce li ha nel sangue e li ha fatti crescere e fermentare senza fretta. Con calma e lungimiranza ha portato a compimento un progetto dai contorni romantici e sognanti, un intenso, ossequioso omaggio ai grandi classici che hanno fatto la storia.
Il risultato di cotanta meditabonda gestazione è stato mirabile e duraturo.
Ed alla prova del come back, mostra – come vedremo – d’esserlo ancora di pù.
L’idea dei Room Experience ha già qualche anno alle spalle. Un processo di perfezionamento partito da lontano e sfociato nel 2015 in un primo cd dai contorni chiaramente superiori. Debutto fascinoso e raffinato, il primo omonimo capitolo si segnalava per alcune egregie intuizioni, utili nel collocarlo tra le migliori uscite in ambiti melodici di quell’annata.
Per fare la cose fatte bene però, lo abbiamo detto, ci vogliono calma e pazienza. Il talento va fatto fermentare, le idee devono avere lo spazio per prendere forma tangibile.
E così sono serviti altri cinque anni (esatti) per avere un seguito che potesse confermare quanto di buono assaporato con il convincente esordio. La volontà era di andare oltre i buoni riscontri del debutto, riuscire a far meglio. Un compito non proprio facile.
Quando però hai dalla tua la collaborazione, la fiducia e il supporto di una label in ascesa quale Art of Melody, unita alla bravura di alcuni dei migliori musicisti della scena melodica italiana come Davide Barbieri, Steve De Biasi, Simon Dredo e Pierpaolo “Zorro” Monti (mr. Charming Grace, Shining Line e Raintimes…praticamente un marchio di qualità), la questione comincia a prospettarsi come fattibile.
Se poi, a dar corpo e anima alle fantasie AOR messe sul pentagramma, c’è ancora l’interpretazione di un fuoriclasse come David Readman, il risultato può dirsi davvero a portata di mano.
Non un miraggio: un progetto fattibile.
E così è. Come previsto, annunciato e atteso.
Proprio come abbiamo avuto modo di sottolineare in occasione dell’anteprima, il ritorno dei Room Experience è come ce lo aspettavamo. Un gran bel disco di AOR puro e cristallino, fatto di melodie eleganti e mai dozzinali, curato nei dettagli e rispettoso della grandezza di chi questo stile l’ha creato e codificato.
Memorie di Survivor, Journey, FM, Dare, Strangeways e Toto si rincorrono all’insegna del classicume più sfizioso e godibile, ammorbidite da suoni invidiabili ed esaltate da una voce che si scopre sempre più appropriata e padrona del genere. Quella di adattare l’ugola di uno screamer power come Readman ai toni profondi dell’AOR è, lo ripetiamo, una scommessa vinta alla grande da Firmo.
La differenza con il debutto è da ricercare in larga parte nell’approccio che implementa alcuni tratti meramente stilistici, tipici di un’appartenenza “territoriale” specifica. “Another place and Time“, infatti, suona molto più americaneggiante rispetto all’esordio. Gli scenari sono decisamente meno nordeuropei e privilegiano in modo pressoché totale le affinità con le grandi band melodiche d’oltreoceano. Abbiamo, non a caso, messo subito sul piatto Survivor e Journey, ma ugualmente avremmo potuto piazzare anche i Foreigner, terzo elemento dell’AOR “perfetto” in salsa yankee.
Ci immaginiamo che Firmo, assieme ai suoi fidati compari, abbia trascorso gli ultimi cinque anni immerso in una realtà parallela popolata dagli ologrammi di Neal Schon, Mick Jones e soprattutto Jim Peterik. Alcuni pezzi presenti in questo album, infatti, potrebbero quasi averli composti loro: “A Thousand Lies”, “Hear Another Song” e “The Night Goes On“, sono un mirabile mix tra gli stili delle tre band di riferimento, mentre due ballate brucianti di passione come “Your Voice Inside” e “The Distance” (brano “piglia tutto”) potrebbero benissimo arrivare dal songbook dei Pride of Lions e del loro deus ex machina, Jim Peterik.
Paragoni altisonanti, che non dimenticano tuttavia anche le sfumature British degli FM (“Wild Heart”, “Disappointed”) e la profondità magniloquente dei Dare (“A Thousand Lies”), in un quadro complessivo che come una galleria d’arte mette in fila opere di grandi maestri per arrivare all’unicità del proprio capolavoro personale.
E via così, in scioltezza.
Dopo altri cinque anni trascorsi nella sua immaginaria stanza (da qui, lo ricordiamo, il moniker Room Experience) a studiare buone melodie e comporre nuove canzoni, Gianluca Firmo non tradisce le attese. “Another Time And Place” è un disco AOR coi fiocchi. Dagli accenti passionali, colorato con tinte accese ma pure ricco di edulcorazioni raffinate e cromature notturne da kolossal americano.
Gli anni ottanta sono sempre là, ad ispirare ogni mossa. Il talento di musicisti, produttori, ospiti ed interpeti è cristallino. I suoni non tradiscono.
La musica? Solo da ascoltare, senza perdere altro tempo…