Recensione: Anthem To Creation

Di Alessandro Ebuli - 1 Novembre 2013 - 18:43
Anthem To Creation
Band: Until Rain
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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75

Gli Until Rain nascono nel 2004 in Grecia: hanno al loro attivo l’album d’esordio “The Reign Of Dreams” pubblicato nel 2009 seguito poco dopo dall’EP “Pandemic”.
La proposta del combo ellenico si basa su un prog metal molto elaborato che richiama i grandi del genere: Symphony X in primis ed in parte  Dream Theater. “Anthem To Creation” è complessivamente un buon album dall’ottima produzione, con una particolare cura per i dettagli, per le orchestrazioni e per gli arrangiamenti.

A tratti le influenze sopracitate emergono prepotentemente, soprattutto in alcune parti di tastiere od in alcune linee vocali, nelle quali il singer Yannis Papadopoulos ricorda molto Russell Allen dei Symphony X. Questo non tragga in inganno, gli Until Rain non copiano i loro maestri, ma al contrario riescono a trovare una dimensione personale nella quale dare spazio alla loro tecnica e creatività, che si sviluppano lungo undici composizioni intense e rocciose.  Intendiamoci, ci troviamo dinanzi ad un album che non aggiunge nulla a quanto già detto nel prog-metal dell’ultimo ventennio, ma che riesce comunque ad emergere nella massa di uscite discografiche di questo settore.

Il trittico d’apertura della release è rappresentato da “Brain death”, “Think again” e “Living hell”: ritmi sostenuti ed arrangiamenti orchestrali maestosi ci trascinano in un abisso sonoro lungo quindici minuti. Tocca alla successiva “My own blood” rallentare il tiro, con un mid-tempo dalla melodia magnifica e dall’atmosfera sognante, merito del suggestivo tappeto di tastiere che avvolge l’intera composizione. Ma il ritmo accelera ancora con “Empty Helmet”, una song dai forti richiami ai Symphony X più epici.
L’anonima “13-8” non lascia traccia del proprio passaggio se non per alcune reminescenze di matrice Dream Theater, ma nulla più; sembra quasi un riempitivo aggiunto soltanto per allungare la durata del full-length.
Discorso totalmente inverso per la suite “The clang of shield pt1” e “pt2” nella quale al suono consolidato della band si aggiungono cori epici sostenuti da ritmiche elaborate che ricordano vagamente gli Epica, soprattutto per le orchestrazioni e gli arrangiamenti.

La titletrack, la più lunga del lotto con i suoi diciotto minuti abbondanti, evidenzia le doti dell’intera band , tecniche e compositive. Queste ultime in particolare si fanno notare per la varietà di stili ai quali si fa riferimento, ma purtroppo è innegabile come l’ombra dei Dream Theater sia sempre in agguato: alcuni passaggi sembrano estratti direttamente dalle loro composizioni più famose ed è decisamente un punto a sfavore per gli Until Rain, che fino ad ora avevano dimostrato di sapersi distinguere dai mostri sacri del prog proprio per le capacità di songwriting dei musicisti.
“Breaking of the 7 seals” fa purtroppo il paio con la già citata “13-8”, scivolando via senza lasciare nulla se non la sensazione di un deja-vu. Peccato, perché queste due canzoni avrebbero potuto rimanere escluse dalla tracklist finale di “Anthem to creation” ed essere inserite in una futura release od un EP, maggiormente sviluppate fino a trovare il giusto mood che le potesse valorizzare. Valore che al contrario possiede pienamente la conclusiva “Marionettes”, con le sue soluzioni classic-prog ed il suo groove in crescendo, con intrecci chitarra/tastiere da manuale e con sonorità evocative originali.
Questa è la canzone che molte band dedite al prog d’annata vorrebbero ancora comporre, a dimostrazione di come sia giunto il momento di dare spazio alle nuove leve, soprattutto quando sono valide come gli Until Rain.

In definitiva “Anthem to creation” è il valido prodotto di una band che ha le idee ben chiare sulla strada da intraprendere per il proprio futuro, e va ad inserirsi a pieno titolo nel panorama prog-metal attuale. È solo l’inizio: gli Until Rain dovranno lavorare per scrollarsi di dosso le influenze ancora troppo marcate dei loro idoli, così da maturare e creare un suono personale ed immediatamente riconoscibile al pubblico.
La strada è tuttora in salita, ma questa valida prova, se pure ancora in parte acerba, è un ottimo step che riscuoterà il dovuto successo.

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