Recensione: Anthology II: Links From The Dead Trinity

Di Nicola Furlan - 8 Gennaio 2009 - 0:00
Anthology II: Links From The Dead Trinity
Band: Akphaezya
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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91

È difficile ipotizzare che una band o un artista possano creare dal nulla un qualcosa. Esiste la sperimentazione ma, come sosteneva il poeta, non esiste nulla che non sia già stato detto. Gli Akphaeyza sembrano essersi uniformati a tale linea di pensiero: non potendo creare nulla di nuovo, hanno preso ispirazione dal meglio, riproducendolo con notevole perizia tecnica, e soprattutto con un certo gusto.

Sono i grandi musicisti a creare dei prodotti inconfondibili, legati indissolubilmente a una zona geografica piuttosto che a un contesto sociale: a titolo d’esempio si pensi al black metal norvegese, al thrash metal bay area, al death metal floridiano, al progressive italiano anni 70, allo US power piuttosto che al melodic death di Goteborg. Ognuno ha un capostipite che ne ha delineato i tratti fondamentali e gli stilemi ai quali intere generazioni di band hanno fatto seguito. Bene o male che interpretassero, tutti hanno contribuito alla sopravvivenza del genere, incanalandolo in un contesto ben preciso. Accanto a chi crea, c’è chi distrugge, violentando l’anima ispiratrice di uno stile e c’è chi, saggiamente, mescola diversi stili e produce un uvaggio dalle qualità inaspettate, dal sapore nuovo, mai provato. Questo è il caso degli Akphaeyza, compositori di un raffinato collage di generi lontani fra loro, ma stranamente compatibili: metal, swing, rock, black, blues, ska-punk, progressive, fusion, chi più ne ha più ne metta.

In omaggio alla Dea Pigrizia, possiamo chiamarlo avantgarde: termine tanto comodo quanto adatto a catalogare la proposta musicale contenuta in questo “Anthology II: Links from the Dead Trinity”. Il disco è un frammento di concept che si articolerà in cinque capitoli, la cui uscita sarà sfalsata rispetto alla cronistoria effettiva.
La genialità di questo full length di debutto sta nella perizia con cui i quattro sono riusciti a far convivere armonie e tecniche così diverse in un sistema musicale perfettamente equilibrato.

Le strutture compositive sono eccellenti, squisite per legami tecnici adottati, perfette negli incastri e sfumate con accorgimenti tali da non violentare uno stile a scapito di un altro. È stato quindi rispettato il primitivo impulso di ciascun genere. Lo swing è infatti splendente e sfarzoso, le sezioni groovy rock suonano come degli schiaffi poderosi, le sfuriate black sono violente e taglienti, il blues è pieno di gusto, lo ska-punk magnetico e coinvolgente. È presente il cantanto pulito come il growl, le distorsioni come gli acustici, le sfuriate ritmiche e quelle dilatate.

Evidente inoltre la brillante e caratteristica intepretazione vocale di Mehl Aëlin, singer dotata di una modulazione elastica che ben interpreta i mood che si articolano nello scorrere delle tracce. Un timbro che ricorda Kate Bush, ma anche la ‘nostra’ Rossana Casale. Ferma restando la personalità che contraddistingue la prestazione, è percepibile un rimando costante a Gwen Stefani ai tempi del capoalvoro dei No Doubt, “Tragic Kingdom” e, non di rado, anche il songwriting sembra strizzare l’occhio al masterpiece dei californiani. Presenti come accennato gli elementi dichiaratamente rock-metal, fino alle influenze pop melodiche messe in luce da Beyond the Sky. Particolari anche l’interludio che mescola musica classica e profumi flamenco nella breve Awake, le influenze filo-arabeggianti di The Secret of Time, o le ricercatezze vocal-jazz di Trance HL 4 che vanno a modellarsi su quelle jazz/fusion della conclusiva The Bottle of Life.

Punte di diamante di questa distinta veste discografica sono la produzione, pulita e limpida, in grado di evidenziare la splendente gamma di suoni che permea l’aurea del volume (in particolare il piano), e il missaggio, variabile tra timbriche e livelli di un suond funzionale all’attimo da enfatizzare.

“Anthology II: Links from the Dead Trinity” è uno spettacolo di folklore musicale che accomuna usi, costumi, interpretazioni, stili e tecniche di varie estrazioni culturali. Godrete di un disco a dir poco straordinario e, sebbene sarete in grado di identificare buona parte degli stili presenti, avrete l’impressione trovarvi di fronte qualcosa di mai sentito. Geniale nella sua paradossale unicità.

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Nicola Furlan

Tracklist:
01 Preface  
02 Chrysalis 
03 Beyond the Sky
04 Khamsin  
05 Reflections 
06 Awake 
07 The Golden Vortex of Kaltaz
08 The Secret of Time 
09 Stolen Tears 
10 Trance: H.L.4
11 The Bottle of Lie

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